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1917

Regia di Sam Mendes vedi scheda film

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La recensione su 1917

di CineNihilist
8 stelle

Esercizio di stile o drammone storico retorico? Film di sostanza o di pura forma?

 

1917 non risponde a nessuna di queste domande o perlomeno non totalmente.

 

Inizialmente non ero così interessato all’ennesimo film di guerra retorico americano che solitamente evito in quanto inutilmente pomposi e propagandistici, oltre che noiosi, e non è una caso che i miei film preferiti di guerra siano quelli più atipici come Apocalypse Now, Full Metal Jacket e Orizzonti di Gloria.
Il mio scetticismo derivava anche dal fatto che l’ultimo film di guerra che avevo visto al Cinema era Dunkirk, dove Nolan aveva costruito una pellicola straordinaria dal punto di vista visivo, ma che di sostanza non aveva nulla se non quella di un normale documentario di guerra, trasformando quindi tutto lo spettacolo cinematografico in un mero esercizio di stile pure pretenzioso sia a livello di budget sia a livello artistico.
La mia paura con 1917 era dunque di incappare nella stessa trappola, ovvero quello di un film di pura forma e non di sostanza, dove l’estetica si mangia la drammaturgia in nome del tecnicismo spettacolarizzante.
Allo stesso tempo però ero interessato sul fatto che tutto fosse girato come un enorme piano sequenza e che alla regia ci fosse comunque un mestierante come Sam Mendes di cui avevo già visto il suo James Bond 007 “Spectre” (noiosetto) e American Beauty (bello), oltre che un grandissimo direttore della fotografia come Roger Deakins (l’uomo che ha reso Blade Runner 2049 quel capolavoro estetico di cui ha vinto pure l’Oscar).
Valutando tutto il comparto tecnico e il rischio di una potenziale delusione personale, mi sono deciso comunque a sacrificarmi per un grande spettacolo visivo che alla fine dei conti mi ha piacevolmente sorpreso, infatti è uno di quei casi in cui la forma definisce la sostanza, rendendo la pellicola estremamente interessante anche da un punto di vista metacinematografico.

 

George MacKay, Sam Mendes

1917 (2019): George MacKay, Sam Mendes

Sam Mendes, Roger Deakins

1917 (2019): Sam Mendes, Roger Deakins

 

Il film è ambientato il 6 aprile 1917 sul fronte occidentale dove sembra che l’esercito tedesco si stia ritirando. Il colonnello britannico Mackenzie decide così di sfruttare la ritirata del nemico per attaccarlo di sorpresa, in modo da gettare scompiglio nelle linee nemiche ed aprirsi un nuovo varco nel fronte occidentale. Il problema è che in realtà l’esercito tedesco non si sta di ritirando, ma soltanto riassestando su una nuova linea difensiva più pesantemente munita non troppo lontana da quella abbandonata.
Il rischio è dunque una carneficina senza fine che farebbe perdere un’intero battaglione e i bombardieri che avevano intercettato la trappola tedesca suggeriscono al generale Erinmore di incaricare due giovani caporali di consegnare l’ordine di interrompere l’attacco programmato del colonnello Mackenzie entro due giorni.
I due giovani volontari che si incaricano di questa missione pericolosissima di consegna sono William Schofield e Tom Blake, quest’ultimo più determinato che mai in quanto nell’altro battaglione si trova suo fratello.
I due impavidi soldati cominciano così un lungo viaggio tortuoso nella terra di nessuno, dove tra fili spinati, pozzanghere mortali, terreni scoscesi, trappole belliche, cadaveri putrefatti e nemici nascosti pronti ad ucciderli, devono ad ogni costo raggiungere la trincea distante centinaia di kilometri per salvare 1600 uomini da morte certa.

 

George MacKay, Dean-Charles Chapman

1917 (2019): George MacKay, Dean-Charles Chapman

 

1917 riesce incredibilmente ad unire forma e sostanza attraverso una tecnica cinematografica, il piano sequenza, che è la più difficile da ottenere in quanto prevede un’inquadratura costante della stessa scena senza tagli seguendo i suoi personaggi che devono essere perfettamente codificati e coordinati dal regista per poter sbagliare il meno possibile, pena la ripetizione totale della scena.
Solitamente un piano sequenza al Cinema dura pochi minuti per l’estrema difficoltà tecnica nel realizzarlo, ma Sam Mendes conscio della sfida e determinato nel trasporre il racconto di suo nonno che ha combattuto nella prima guerra mondiale, ha deciso di trasformare questo tecnicismo arduo da attuare non tanto per mostrare la sua abilità registica, che comunque è notevole, ma a trasformarla in un elemento drammaturgico funzionale a raccontare la tragica avventura di questi due soldati costretti a combattere in un disegno più grande di loro, dove la loro inesorabile fede nel compiere il loro dovere si percepisce visivamente nell’ossessiva presenza della macchina da presa che li segue in tutti i loro movimenti claustrofobici anche nelle lande desolate della terra di nessuno, perché è il terrore dietro le spalle e dell’orizzonte che non si vede che rende infernale il vissuto di questi soldati ormai abituati ad un ambiente così crudele ed inospitale.
Il rettilineo costante delle trincee e lo spaesamento dei due soldati nella terra di nessuno è evidenziata in modo impeccabile nell’estrema accuratezza fotografica e scenografica che accompagna il percorso mortale dei due protagonisti, che passando dalle situazioni più banali come una notte o una trincea abbandonata, vivono costantemente il pericolo anche quando il nemico non è visibile, perché è la paranoia della guerra di posizione che rende estremamente sensibili e frustrati i soldati sul fronte, trasformandoli in animali spietati abbandonati alla disperazione o aggrappati ad una vaga speranza che un giorno la guerra finisca.

 

Il lavoro psicologico, antropologico e storico è semplicemente sublime nel raccontare una piccola avventura quotidiana di un comune soldato della prima guerra mondiale, che diventa però una situazione spettacolare e di intrattenimento nel momento in cui la Settima Arte pone di fronte allo spettatore una riflessione su una realtà lontana ma comunque vicina.
La retorica e il punto di vista che il regista britannico mette in scena nel suo personale omaggio a suo nonno non è affatto un sfarzoso esercizio di stile volto ad autocelebrarsi, ma una lettura critica, catartica e riflessiva sulle anime di quei poveri uomini della “Generazione perduta” che hanno combattuto un conflitto distruttivo che ha messo in ginocchio il Vecchio Continente portandolo ad un successivo conflitto mondiale ancor più distruttivo di quello precedente, segnando l’inizio di un nuovo mondo che tutt’oggi soffre gli effetti della Grande Guerra e che anzi, sembra riassestarsi ad una situazione geopolitica simile a quella del pre-1914.

 

Ormai sono passati più di cent’anni dal 1917 e Sam Mendes ci ricorda come gli orrori di quel passato non debbano più ritornare, perché milioni di persone hanno dovuto pagare con anima e corpo il mondo pacifico di cui oggi possiamo godere.
E il film coniuga perfettamente forma e sostanza nei veicolare questo importante messaggio pacifista, dove non si abbandona a narcisismi estetici, a banali retoriche propagandiste ed a esaltazioni guerrafondaie di machismo tipiche del cinema americano.

 

Voto 8+

 

scena

1917 (2019): scena

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