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Tre piani

Regia di Nanni Moretti vedi scheda film

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La recensione su Tre piani

di Furetto60
7 stelle

Insolito Moretti. Film pessimista e spiazzante

Una giovane donna esce di casa da sola in piena notte, in preda a forti dolori addominali, è incinta e prossima al parto, un'auto nel frattempo esce dalla carreggiata e dopo aver malamente investito una passante, finisce la sua corsa, schiantandosi nell’ingresso di un condominio, teatro di quanto poi accade nel racconto; un edificio costruito sui tre piani del titolo e proprio tre sono le storie che s'incrociano. Al primo piano abitano Lucio e Sara, giovani genitori di Francesca di 7 anni, sempre molto indaffarati, spesso ricorrono agli anziani vicini Giovanna e Renato, che si prestano volentieri a fare da babysitter alla bambina. Una sera, Renato, che manifesta segni di demenza senile, scompare con la bambina per molte ore. Quando finalmente i due vengono ritrovati in un parco, Lucio teme che sua figlia sia stata abusata, c’è un buco temporale che non riesce a coprire; la confusione e la smemoratezza dell’anziano, non aiutano a fare chiarezza e cosi Lucio comincia a sospettare le molestie e a nulla valgono le rassicurazioni della bambina, e quelle del medico che visita la piccola, escludendo la violenza carnale. È propria questa ossessione, che prima lo spinge ad aggredire Renato che si trova in ospedale e poi lo induce a cedere alle tentazioni della di lui nipote, persuaso che lei possa fornirgli indicazioni utili alla ricostruzione di quel maledetto evento, solo che lei è minorenne e sarà lui a subire una denuncia e poi un processo e a seguire il logico sgretolamento della sua vita coniugale, mentre il nonno smemorato muore. Al secondo piano vive Monica, sposata con Giorgio, un ingegnere che non c’è mai, pare per lavoro, infatti è lei la donna che nell’incipit si contorceva per i dolori, ha partorito Beatrice ed è sempre maledettamente sola, combatte contro le sue allucinazioni.  All'ultimo piano dimorano da trent'anni Dora e Vittorio, entrambi giudici, genitori di Andrea, l’autore della sciagurato sinistro, di cui sopra, in cui ha travolto una poveretta ignara, morta poco dopo il soccorso; Andrea visibilmente ubriaco, al momento dell’incidente, finisce ai domiciliari, chiede aiuto al padre, che è un giudice e  potrebbe forse aiutarlo a ottenere una sentenza più mite,  ma Vittorio, alias  Moretti, scarta qualsiasi ipotesi di mediazione, è severo e intransigente, lo insulta e umilia e dopo una violenta lite che degenera in colluttazione, lo abbandona al suo destino, decidendo di non volerlo più vedere e imponendo un ultimatum alla consorte: o lui o il figlio. Andrea viene condannato per omicidio stradale e sconta 5 anni di detenzione, quando esce prende la sua strada, lontano dai genitori. La storia è spalmata su un periodo di 10 anni e cadenzata su 5. I tre piani del libro alludono alla tripartizione freudiana in Es, Io e Super-Io. Per la prima volta Nanni Moretti, dirige un film non suo, il soggetto di questo tredicesimo lungometraggio è infatti tratto dal romanzo dello scrittore israeliano  Nevo. La storia da Tel Aviv si sposta a Roma, nell’altolocato quartiere Prati e il regista prendendosi parecchie licenze, ne rimaneggia notevolmente la sceneggiatura. Il percorso artistico del cineasta romano da tempo ha imboccato una strada nuova rispetto ai suoi primi lavori; a partire da “Mia madre” dunque ha abbandonato la verve polemica, il sarcasmo e il tema della politica a lui storicamente tanto caro, rinunciando alle sue esternazioni, venate di umorismo, per privilegiare altre tematiche: la colpa, il lutto, la responsabilità, il perdono. I suoi personaggi si muovono lenti e inespressivi, il regista confeziona un’atmosfera sonnolenta e procede per blocchi narrativi, la macchina da presa è perlopiù fissa, solo ogni tanto si muove con lente panoramiche; le scene sono corte, gli stacchi di montaggio meccanici, divisi talvolta da qualche dissolvenza; i piani d’ambientazione piatti, gli spazi esterni vuoti; sul film aleggia un senso di torpore . Moretti spazia indagando su diverse contrapposizioni, come il rapporto genitori e figli, quello tra moglie e marito, tra detto e non detto; non fa sconti, ai suoi personaggi, nessuno si salva, chi perché non ama, chi perché ama troppo, chi perché non perdona. Il regista romano è algido, asciutto e spietato, teso a non concedere  alcun sentimento, non c'è spazio per un sorriso, in un film dove si procede per sottrazione, i personaggi sono ignavi e quasi per inerzia vanno avanti.
Esprimere un giudizio su questo ultimo prodotto cinematografico è difficile, il regista sorprende sempre e anche stavolta è spiazzante; non mi sembra uno dei suoi lavori migliori, anche se i temi che tocca sono importanti.

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