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DolceRoma

Regia di Fabio Resinaro vedi scheda film

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Andreotti_Ciro

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La recensione su DolceRoma

di Andreotti_Ciro
8 stelle

Andrea Serrano, inserviente d’obitorio, culla la passione per la scrittura al punto di arrivare a pubblicare un libro, ambientato nel mondo della malavita, che però ha venduto poche centinaia di copie ma diventa, per uno strano scherzo del destino, il soggetto per un film prodotto dal noto impresario: Oscar Martello. Invitato da Oscar, Andrea si precipita immediatamente a Roma per vendere i diritti del suo libro mentre l’imprenditore l’introdurrà nel patinato mondo della capitale.

 

Riscrivendo il romanzo del giornalista Piero Corrias, “Dormiremo da Vecchi”, Fabio Resinaro riesce a confezionare una pregevole pellicola in perenne bilico tra la commedia e il thriller. Fra la vena surreale, grazie alla quale affronta la vita l’imprenditore cinematografico Oscar Martello, Luca Barbareschi in un ruolo che pare creato a pennello per le sue spalle, così come sulle solide spalle di Claudia Gerini s’intravedono le stigmate dell’attrice di razza, perfettamente calata nella parte della moglie di Oscar. Mentre dall’altro lato si staglia la figura di uno scrittore sociopatico al quale capita l’occasione impensabile e irrinunciabile di vendere i diritti del suo ultimo libro d’(in)successo che parrebbe già pronto per divenire un soggetto cinematografico fatto e finito. Lorenzo Richelmy, nel ruolo di Andrea, viene presentato come capita a un personaggio di Fight Club, ove, come nel caso di Norton e Pitt, s’intravede immediatamente quello dal quale desidera fuggire, una vita anonima e di routine e con l’abbagliante successo che lo attende alla fine del suo tunnel personale. Al tempo stesso, una volta sbarcato a Roma e introdotto nella capitale da Oscar, maneggione del mondo degli affari e del cinema in genere, il giovane scrittore pare immediatamente in grado di barcamenarsi fra un party e una ripresa cinematografica. Ed è forse in questo cambio di registro che pecca la pellicola di Resinaro, alla sua prima opera solista in assenza del sodale Guaglione, ovvero la velocità di cambio di carattere da parte del protagonista. Una mancanza alla quale ci si può però tranquillamente adeguare per via di un registro in perenne bilico fra una risata e una riflessione frutto di personaggi che paiono usciti dalle commedie dei ’60, come il camorrista impersonato da Libero De Rienzo o il commissario di polizia portato in scena da Francesco Montanari, e di una trama che s’infittisce sino all’ultima inquadratura virando dallo slapstick al giallo. Film quindi nel complesso pregevole perché da anni non si vedeva una trama in grado di portare il piano narrativo decisamente sopra le righe ma anche capace di fungere da punto di contatto tra due generi così differenti.

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