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Qualcuno salvi il Natale

Regia di Clay Kaytis vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Qualcuno salvi il Natale

di Eric Draven
3 stelle

Kurt Russell

Qualcuno salvi il Natale (2018): Kurt Russell

 

Oggi recensiamo un film che sta sbancando su Netflix, sbarcato soltanto qualche giorno fa, il 22 novembre, e che a quanto pare sta facendo sfracelli di visualizzazioni. Ovvero Qualcuno salvi il natale.

Coloratissima e rocambolesca commedia per giovanissimi che, appunto, piacerà soltanto ai giovanissimi.

Nessuno di voi forse avrebbe mai immaginato che Kurt Russell, icona del genere action, colui ch’è stato Jena Plissken e Stuntman Mike di Grindhouse -A prova di morte, un giorno avrebbe interpretato nientepopodimeno che Babbo Natale, con tanto di barba foltissima e posticcia, memore e debitrice delle sue ultime prove attoriali, su tutte quella di John Ruth in The Hateful Eight.

Un attore appunto iconico che ha quasi sempre incarnato, nonostante le sue numerose incursioni nella commedia, il prototipo virilmente seducente dell’uomo tutto d’un pezzo. Un attore profondamente autoironico come infatti si evince dal ritratto che lui fornisce di Babbo Natale in quest’immane boiata cosmica.

Tal bambinata sesquipedale è infatti prodotta da Chris Columbus, autore di uno dei più immeritati e inspiegabili successi al botteghino della storia del Cinema. Vale a dire l’abominevole Mamma, ho perso l’aereo con l’enfant prodige più antipatico di tutti i tempi, il fortunatamente scomparso Macaulay Culkin.

Così, dopo aver diretto alcuni Harry Potter, Chris Columbus ha ritentato il colpaccio, stavolta affidando però la regia a un pari giocattolaio di scemenze, Clay Kaytis. Di male in peggio. Kaytis è un altro furbone affetto da buonismo insostenibile e allestitore qui di un pasticciaccio puerilmente sciocco e scioccante che abbina, alla monelleria di una CGI vecchia come il cucco, una stantia retorica talmente spudoratamente bamboccia che qualcuno di voi addirittura, in mezzo a questo mar indigesto di melassa maldestra, forse in preda a patetici rimpianti della sua infanzia per sempre perduta, divorato com’è, ahinoi, dal cinismo della sua vita esasperata d’un quotidiano adesso grigissimo, potrà commuoversi, lasciandomi di stucco nel far sì che possa io osservare avvilito la sua regressiva disfatta.

Sì, mi spiace doverlo ammettere. Qualcuno salvi il Natale è un film indifendibile. L’unica cosa a malapena salvabile è proprio Kurt Russell che, sputtanandosi bellamente senza sprezzo d’alcuna vergogna, scherza malandrinescamente sulla sua mitologia attoriale e, infondendo al suo personaggio un’incredibile passione ingenuamente allarmante, forse allettato da un cachet molto solido e stordente, si è lanciato in quest’assurda performance “degradante” con un coraggio da lasciarmi tanto esterrefatto quanto in mutande. Perché mi ha totalmente disarmato e spogliato quasi completamente dalla galoppante voglia di essergli infamante. Sì, Kurt è talmente birbante in questo film per infanti, così simpatico che non mi rimane altro che applaudirlo paradossalmente in modo scrosciante.

Sì, so che queste mie parole in rima suonano come una natalizia filastrocca per lattanti, ma è da me stata scritta apposta per essere in linea con tal bambinesca favoletta tanto allocca.

 

Trama...

 

Teddy (Judah Lewis) e Kate (Darby Kamp) sono fratello e sorella piccola che, rimasti in casa alla vigilia di Natale, in assenza della madre, interpretata da Kimberly Williams-Paisley, cominciano a filmare Babbo Natale in carne e ossa con la loro videocamera digitale della Sony. Infatti, il titolo originale della pellicola è The Christmas Chronicles. Grazie al loro intrepido ardire, s’imbattono appunto in Babbo Natale. Ma, a causa d’un incidente, Babbo Natale vede in un battibaleno sfuggirgli di mano la situazione e lo spirito natalizio rischia di andare in frantumi. I due ragazzi e Babbo Natale stesso devono quanto prima, nonostante le strambe peripezie da lor affrontate nella notte più magica dell’anno, correre ai ripari affinché gli equilibri di pace terrestre non possano essere irreversibilmente sconvolti.

Riusciranno nella loro disperata impresa?

Nel frattempo, Babbo Natale sarà perfino arrestato e, in mezzo ai detenuti, con tanto di springsteeniano Steven Van Zandt nei panni del chitarrista Wolfie, canterà a squarciagola, ballando come un indemoniato blues brother, l’intramontabile Santa Claus Is Coming to Town.

In un apoteotico momento grottescamente fantasmagorico di deficienza cinematografica talmente alta d’avermi stramazzato al suolo per colpa di un sopraggiuntomi, inevitabile, immediato collasso respiratorio dovuto al terribile shock.

 

Che dire di più?

 

Quanto ha pagato George Lucas affinché venisse così tanto pubblicizzato, con riferimenti e battute, gadget e quant’altro, il suo eterno Star Wars?

Eh sì, i pur modesti effetti speciali abbisognavano della più ostentata promozione subliminale per essere finanziati.

Il film infastidisce ancor maggiormente poiché tenta, talvolta, pure d’imboccare la strada del politicamente scorretto, ancorandosi poi però all’istante a stereotipie tanto false e melense da rendere il tutto stucchevolmente, più marcatamente irritante.

E anche alla fine il cammeo di Goldie Hawn, vera, storica moglie di Kurt Russell, con tanto di Kurt che le ammicca affinché possano gustarsi assieme un “filmetto”, è davvero penoso.

Al di là di Kurt Russell, altra piccolissima nota parziale di merito al veterano direttore della fotografia Don Burgess, fido cinematographer di Robert Zemeckis, ma Clay Kaytis è lontano anni luce dalla poesia di Zemeckis.

Il film voleva essere un aggiornamento, dichiarato e non, de La vita è meravigliosa? Frank Capra e James Stewart si rivoltano nelle tombe.

Infine, sugli elfi computerizzati stendiamo un velo pietoso.

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