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Lontano lontano

Regia di Gianni Di Gregorio vedi scheda film

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Andreotti_Ciro

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La recensione su Lontano lontano

di Andreotti_Ciro
6 stelle

Gianni, Giorgietto e Attilio sbarcano il lunario fra una pensione esigua, le giornate trascorse al bar e la ristrutturazione di mobili antichi. I tre decidono di abbandonare l’Italia per trovare nuovi stimoli e vivere una vita più agiata. La prima decisione che dovranno prendere sarà capire in quale nazione recarsi.

 

Grazie all’aiuto dello sceneggiatore Marco Pettenello, Di Gregorio aggiunge un’altra pellicola alla sua esplorazione della mezza età, interpretando questa volta il ruolo di un ex docente di Greco e Latino al quale il ricordo di quello che insegnava brucia maggiormente proprio per la caducità delle materie insegnate, figlie di un sistema scolastico, e quindi di una nazione, che non ha saputo minimamente valorizzare né la sua professione, ma neppure la parte finale della sua esistenza, trascorsa fra una sigaretta e un bicchiere di vino consumato al bar vicino Porta Settimiana. Gianni, Giorgietto, anch’egli pensionato ma con problemi economici evidenti e Attilio, ex fricchettone che vive alla periferia dell’impero, per la precisione a Tor Tre Teste, dove i due sodali non si sono mai spinti, decidono quindi di cambiare vita e per questo iniziano a progettare la loro fuga da una nazione che non li vuole perché parte improduttiva, o marginalmente produttiva, di una filiera che non si sa bene da che parte voglia parare. La prima decisione che I tre dovranno prendere sarà capire in quale nazione recarsi e per questo l’aiuto di un prezioso cliente di Attilio sarà determinante, da lì in poi l’escalation di dubbi colpirà ogni aspetto della loro vita, dall’incertezza per il futuro vissuto lontano dall’Italia, fino ai dubbi di salute e natura economica. Di Gregorio rimaneggiando un suo vecchio racconto riesce a creare una pellicola minimalista e lenta, esattamente come i suoi tre protagonisti, presi fra la voglia di rimanere e quella di ricostruirsi una vita in ben altri lidi, ma anche fin troppo prevedibile fino a un epilogo nel quale spicca ancora di più la figura di Attilio, interpretato dal canto del cigno di Ennio Fantastichini, capace di ergersi sui due eccellenti coprotagonisti, lo stesso Di Gregorio ed Enrico Colangeli. Da vedere per completare la cinematografia di Di Gregorio e ammirare le ultime curve della vita di tre pensionati dei giorni d’oggi e per ammirare un’ultima volta un mostro sacro del cinema e teatro di casa nostra.

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