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Porzûs

Regia di Renzo Martinelli vedi scheda film

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La recensione su Porzûs

di sasso67
2 stelle

L'eccidio di Porzûs, in Friuli, dove nel febbraio 1945 alcuni partigiani dei G.A.P. (comunisti) uccisero 19 membri della Brigata Osoppo, composta da partigiani d'ispirazione cattolica e socialista. Si trattò di un episodio complesso e controverso, nel quale un movente quasi marginale (l'ospitalità offerta dagli osovani a una giovane donna, denunciata da Radio Londra come spia fascista), funge da casus belli per l'esplosione di mai risolti conflitti sia politici (nazifascisti contro partigiani; partigiani comunisti contro partigiani non comunisti) che nazionalisti (partigiani italiani contro partigiani sloveni). Il film di Martinelli, pur cambiando i nomi dei personaggi, ripercorre fedelmente la vicenda, come riconosce Tullio Kezich (triestino, classe 1928), vicino ai fatti per età e provenienza geografica. Gli eventi vengono ripercorsi attraverso le parole di due protagonisti sopravvissuti, che, ormai anziani, si incontrano in Jugoslavia nel 1980. Lo stesso Tullio Kezich afferma che il film, andando a riaprire una piaga mai del tutto suturata «ha avviato una proficua discussione, ma i suoi meriti si fermano qui». Ed in effetti il film è di una sciatteria più unica che rara, assai vicina a quella, messa in mostra dallo stesso Martinelli anche nello sciagurato "Vajont" (2001). Parafrasando chi per strada grida all'autista indisciplinato e/o incompetente "ma chi t'ha dato la patente?" verrebbe da apostrofare il regista milanese con un "ma chi t'ha dato la macchina da presa?". Martinelli, difatti, banalizza una materia altamente drammatica con una messinscena dilettantesca infarcita di errori registici anche marchiani (uno per tutti: Geko da giovane parla con l'accento siciliano di Crespi e da vecchio con l'accento veneto di Moschin), facendo scempio di un cast tecnico-artistico di tutto rispetto (fra gli attori ci sono Bonetti, Cavina, Capolicchio, Cederna ed altri bravi professionisti), con un uso abnorme di musica classica nei momenti topici della narrazione e con l'inusitato utilizzo del morphing per passare da un'epoca all'altra. Perfino i duetti dei due ex partigiani ormai vecchi, interpretati da due attori d'alta scuola teatrale come Ferzetti e Moschin deludono ogni aspettativa, come se i due maestri si stessero rendendo conto di mettere la loro sapienza artistica al servizio di una recita scolastica. Alla sceneggiatura ha collaborato con Martinelli il glorioso Furio Scarpelli che, ormai separato dal fido collega Agenore Incrocci detto Age (1919-2005), deve avervi posto mano - mi si perdoni il bisticcio di parole - con il piede sinistro. (13 ottobre 2007)

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