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La caduta dell'impero americano

Regia di Denys Arcand vedi scheda film

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La recensione su La caduta dell'impero americano

di alan smithee
6 stelle

CINEMA OLTRECONFINE

Quando il timido ed impacciato corriere trentacinquenne plurilaureato Pierre-Paul (Alexandre Landry, già ottimo nel piccolo Gabrielle, ove interpretava un disabile con problemi cerebrali) si ritrova nel bel mezzo di una rapina ad un centro commerciale finita in un eccidio, il ragazzo non può fare a meno che sottrarre i due borsoni pieni di banconote, e scappare col malloppo per buona pace della polizia, accorsa immediatamente sulla scena dei delitti, e dopo essere da questa stato ampiamente interrogato e sommariamente perquisito.

Il problema di Pierr-Paul ora è come gestire quell'immenso tesoro senza che l'autorità lo scopra.

Venuto a sapere che proprio in quei giorni un pericoloso attempato truffatore, laureatosi in carcere in economia ed appassionato di finanza, sta per essere scarcerato (lo Interpreta l'arguto Remy Girard che ricordiamo bene ne Le Invasioni Barbariche), il ragazzo lo raggiunge all'uscita dal carcere e gli confida il suo segreto, richiedendo aiuto per la gestione della refurtiva. In suo soccorso troveremo pure una splendida e giovane squillo d'alto bordo (interpretata dalla fisicamente strepitosa attrice Maripier Morin), che saprà rendersi parimenti utile nel trovare lo scaltro funzionario di banca in grado di riciclare l'ingente somma, o quanto meno di ripulirla strada facendo, dopo tutta una serie di vorticosi giri in svariati paradisi fiscali intentati a scopo di "pulizia".

Nel terzo capitolo della serie sarcastica e provocatoria dedicata alla caduta dei valori - soprattutto morali - in capo ad una civiltà evoluta e prospera, ma spesso moralmente deprecabile e cinica come pare essere quella americana in generale, e canadese in particolare, il regista Denys Arcand si riaffaccia con arguzia alla ribalta delle cronache cinematografiche concludendo (forse) la sua trilogia fortunata incentrata sull'influenza prepotente e insaziabile della civiltà occidentale americana, sotto il cui dominio pare vivere di luce riflessa quella canadese, suddita e sottomessa a tanta ingerenza senza scrupoli venduta come trionfo di una libertà in cui domina e ha la meglio sempre e solo il più furbo, il più avido, e quello senza scrupoli di sorta.

Ne scaturisce un film accattivante per l'intrico coinvolgente e dinamico in cui si ritrova catapultato lo spettatore, anche se molte delle situazioni e dei personaggi che compongono il gioco al gatto e al topo tra  autorità e delinquenti per caso, finisce per apparire anche meccanico e sin troppo studiato.

Ed il film, che si fa forza su personaggi grevi e spesso più che grotteschi, controfigure inquietanti di altrettanto mostruosi individui ancor più istituzionalizzati e potenti del nostro attuale controverso periodo contemporaneo in corso di fruizione, per quanto godibile e divertente, non riesce a raggiungere le vette di cinismo sopraffino del suo celebre e già citato predecessore, Le invasioni barbariche.

 

 

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