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Loro 2

Regia di Paolo Sorrentino vedi scheda film

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Giuseppe_Avico

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La recensione su Loro 2

di Giuseppe_Avico
5 stelle

Altro giro, altro film, stesso risultato? Se Loro 1 fosse un colore sarebbe il nero, il nero della sua locandina e non solo. Il risultato della prima parte di questo grosso progetto targato Sorrentino aveva già spaccato l’opinione di critica e di pubblico. Restava da capire se, dopo la discutibile ma comunque scadente prima parte, il regista partenopeo sarebbe stato capace di corregge il tiro con quella che, a distanza di pochi giorni, si presenta nelle sale come il compimento dell’opera. Se Loro 2fosse un colore sarebbe il rosso, il rosso della sua locandina e non solo. Rosso e nero, come su una roulette di scommesse, Sorrentino lancia i dadi e la sua sfida. Altro giro, altro film, stessi attori.

 

In Loro 2 il rapporto complicato tra Silvio Berlusconi e Veronica Lario si aggrava ulteriormente, in un clima particolare nel quale Berlusconi cerca di condurre la sinistra, in quel momento al governo, verso il crollo politico, riconquistando così la poltrona di Presidente del Consiglio. Ma il clima non è solo politico, anzi, è quello delle cene eleganti e dei mega festini nei quali Berlusconi si ritrova da re a partecipare. Sebbene la folla lo circondi la figura di Berlusconi si aggira stanca e in declino tra co(Loro) che vorrebbero avvicinarlo, co(Loro) che gli sorridono e che lo venerano, o che magari lo denigrano, ma lui non si offende mai. La caduta di Silvio Berlusconi riflette quella di un Paese in declino e in frantumi.

 

Ora che il gioco delle due parti è giunto alla sua naturale conclusione, si può garantire un’analisi molto più precisa e soprattutto completa. Il progetto Loro di Paolo Sorrentino non è un progetto riuscito, o almeno non del tutto. Già, perché se si vuole essere analitici, c’è da prendere in considerazione una prima parte noiosa e disarmonica che non trova nella seconda il modo di congiungersi e di esistere. Sebbene, però, la seconda sia la cosa più lontana da un ottimo film, riesce a convincere più della prima, a mani basse e con poco sforzo. Ma il progetto è quello di un’opera completa che comprende entrambe le due facce. Nella sua totalità, infatti, emerge un senso di incompiutezza generale sintomo di un cinema che vuole denunciare senza denunciare, mostrare senza mostrare e comunicare senza quella vena d’interesse che sarebbe dovuta essere la madre di un progetto di tale portata. 

 

Lo stile del regista cambia, si evolve in funzione di questa seconda parte, decisamente più posata e riflessiva, più pragmatica e immaginifica. Sorrentino pone al centro della scena l’immagine, spesso riempita dal suo protagonista d’eccezione, ossia Silvio Berlusconi. Ma è l’immagine che assume il ruolo di primo attore, è proprio l’immagine che si fa carico di certe emozioni e di certi sentimenti per poi farceli percepire spesso con delicatezza e senso visivo degni di nota, distanti dal modo di fare cinema al quale siamo tanto abituati qui in Italia. Se da una parte si ha il gusto per l’immagine, dall’altra il regista precipita, come già nella prima parte, nel vortice della condiscendenza. Diversi sono gli elementi che lo testimoniano, a partire da quel senso di parodia neanche troppo mascherato che domina determinate sequenze, la monotonia di fondo che rende l’esercizio dell’estetica pura ripetizione, o la consequenzialità di certe vicende che sovrastano la logica narrativa per comunicare il nulla cosmico. Si ha la sensazione che nel film le cose accadano perché devono accadere, senza che di base ci sia la naturale congruenza narrativa, la stessa che fa progredire storia e personaggi, qui lasciati a loro stessi con poca fortuna.

 

Nulla da eccepire, invece, per quanto riguarda l’interpretazione di Toni Servillo nelle vesti di Silvio Berlusconi. Se nella prima parte l’attore si destreggiava goffo tra le maschere parodiche di un Berlusconi grottesco, pagliaccio e ridicolo, qui l’attore riesce ad aggiungere leggere sfumature al suo personaggio, seppur sottili comunque capaci di conferire al protagonista solchi di espressività differenti e comunicativi. In conclusione ciò che resta di questo progetto è il successo al botteghino e poco più. Pochissimi sono davvero i punti d’interesse e quei dettagli che  stimolano ad una visione più approfondita, ciò che solitamente si fa con i film del regista partenopeo.

 

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