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Dogman

Regia di Matteo Garrone vedi scheda film

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La recensione su Dogman

di maghella
8 stelle

Marcello è un piccolo uomo, mite e dal carattere mansueto. Possiede un modesto negozio di toelettatura per cani, la sua vita si svolge tra la polvere del quartiere di periferia romana in cui abita e lavora, dove ha trovato un equilibrio fragile ma per lui sufficiente per arrivare in fondo alla giornata con un sorriso. Separato, con una figlia piccola alla quale è legatissimo, rapporto sancito dall'amore per gli animali e per la passione per le immersioni subacquee.

Simone è il cane sciolto del quartiere, attaccabrighe, cocainomane, pugile suonato, ladro, è elemento di disagio per tutti nella zona. Simone utilizza Marcello come fornitore personale di cocaina, lo recluta come palo nelle sue scorribande delinquenziali, lo coinvolge in un colpo nella gioielleria di un amico di Marcello, per il quale sconterà un anno di prigione. Marcello è completamente succube di Simone, per paura sicuramente, ma anche per un atteggiamento di sudditanza verso un soggetto di cui tutta la comunità ha terrore. Il fatto di essere comunque scelto da Simone per i suoi colpi, per le sue coperture, gli fa sperare di avere da parte sua una sorta di complicità.

Le cose cambiano radicalmente una volta che Marcello esce di prigione. Gli amici del quartiere lo trattano da infame per via del suo coinvolgimento nel colpo ai danni di uno di “loro”. La figlia cerca di riprendere il rapporto quotidiano con il padre, e Marcello spera di potersi rifare una esistenza tranquilla grazie anche ai soldi che Simone gli aveva promesso per la riuscita del colpo alla gioielleria. Simone naturalmente non ha nessuna intenzione di risarcire “l'amico” dell'anno di prigione che si è fatto al posto suo e lo manda via come un cane bastonato.

A questo punto nasce qualcosa nel profondo di Marcello, qualcosa che ha a che fare con l'autostima, con il senso di rivalsa verso tutti i soprusi subiti. Torna nella sua “cuccia”, tra i suoi cani, i veri consiglieri e amici in tutta questa vicenda, gli unici che hanno alzato la voce per difendere Marcello quando veniva aggredito, incarcerato e infamato pubblicamente; e sarà proprio con un trattamento riservato ai cani più feroci e ingestibili che Marcello pareggerà i conti con Simone.

Ma non è sufficiente. Il riscatto potrà essere completo solo quando diventerà un atto eroico svolto per la salvezza di tutto il quartiere.

Garrone si ispira alla vicenda di cronaca conosciuta come quella del “canaro della Magliana”, per scrivere la sceneggiatura del film assieme a Ugo Chiti e Massimo Gaudioso. Solo un pretesto quello del canaro per raccontare le vicende di un “cane di paglia” all'italiana, che vive all'ombra di un gigante di muscoli, dal quale ha paura ma si sente in qualche modo anche protetto.

Marcello è mite e mansueto, ma non fragile, proprio come quei cagnolini piccoli che riescono però a intrufolarsi nei nascondigli più bui per salvarsi la vita.

L'angolo buio per Marcello è il suo negozietto, l'unico luogo in cui si sente padrone a tal punto da riuscire a convincere Simone ad entrare nel gabbione dei cani e rinchiuderlo dentro.

E' a questo punto che c'è la chiave di svolta del film: Marcello vuole realmente uccidere Simone? Tale gesto lo avrebbe consacrato per sempre a nuova persona? La sua indole sarebbe potuta veramente cambiare fino a compiere il gesto irreparabile?

Se l'uccisione di Simone è dovuta ad un atto di estrema difesa da parte di Marcello, la sepoltura diventa il gesto estremo di rivalsa nei confronti del microcosmo al quale appartiene.

Marcello, che sperava di potersi immergere nei fondali del mar Rosso tenendo per mano la figlia, si separerà per sempre da quel sogno, tornando a galla e rimanendoci grazie alla forza della disperazione, ma restando completamente solo con i suoi fantasmi. Solo come un cane.

Bella e intensa l'ultima sequenza del film, in cui la macchina da presa si sofferma a lungo sullo sguardo perso nel vuoto (il vuoto di una esistenza desolante come il quartiere in cui si svolge la scena) di Marcello. Quando lo spettatore riesce a comprendere ciò che non viene detto dal protagonista, si arriva alla massima intesa tra autore e pubblico.

Matteo Garrone paga (forse) per essersi ispirato ad una storia di cronaca molto recente e assai conosciuta, il termine di paragone tra finzione e realtà spesso conduce a pareri fuorvianti e che distraggono da quello che è il film puro. Già ai tempi de “L'imbalsamatore” Garrone era andato incontro a problemi di questo genere. Se si riesce a scrollarsi di dosso il fastidioso ricordo delle vicende del canaro della Magliana, rimane un film duro, ma con dei risvolti poetici necessari a raccontare la natura di un uomo mite portato a compiere un gesto estremo più grande di lui.

Marcello Fonte è un Marcello intenso e duro, ma mai crudele. Volto e fisico indimenticabili.

Cast completo perfetto, come sempre Garrone è attentissimo alla scelta di ogni singolo volto, così come per quella delle location. Ho trovato certe scelte visive e narrative di matrice pasoliniana, ma sempre con l'inconfondibile impronta horror di Garrone.

Il regista è anche operatore di macchina, e questo rimane per i film di questo livello, un valore aggiunto di ottima qualità.

 

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