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First Man - Il primo uomo

Regia di Damien Chazelle vedi scheda film

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La recensione su First Man - Il primo uomo

di Kurtisonic
8 stelle

Il percorso umano di un eroe moderno costellato di fallimenti e di dolore. Armstrong salvò se stesso andando sulla luna, oggi pensiamo che ci basti avere un telecomando in mano....

Ryan Gosling

First Man - Il primo uomo (2018): Ryan Gosling

A 50 anni dall'impresa dello sbarco lunare è sintomatica oggi la percezione di avere davanti un mondo diverso, trasformato radicalmente e legittimamente dal tempo, ma che sembra non avere più quella spinta propulsiva per guardare lontano, quella energia linfatica e vitale che animava sogni, progetti e illusioni di un’ epoca. Ancora una volta Chazelle sa cogliere e rileggere dentro lo stereotipo del gesto, si tratti di una semplice aspirazione o di una grande impresa, il lato più sensibile e vero, il dietro le quinte che retroagisce non a favore di un morboso additivo spettacolarizzante, ma come motore decisivo per creare un’unità di senso all’esistenza. Il film rinuncia alla sua dimensione più epica per manifestarsi come oggetto indagatore dell’intimità ferita di un uomo, Neil Armstrong, ingegnere spaziale e poi astronauta. Pochi anni dopo lo sbarco, The dark side of the moon dei Pink Floyd spiegava musicalmente l’insoddisfazione umana di fronte alla sua piccolezza, giocando con il desiderio di alzare lo sguardo verso un ignoto più attraente. Non so se qualcuno lo nota ma nello stridore della navicella spaziale che sfonda il muro della velocità di rientro nell’atmosfera riecheggiano quegli stessi suoni psichedelici, l’immaginazione prende corpo, le immagini mentali si trasformano da trip lisergico a racconto tangibile.

Ryan Gosling

First Man - Il primo uomo (2018): Ryan Gosling

. Chazelle punta sull'altra faccia dell'uomo, il privato di Neil Armstrong insondabile da lui stesso che portandosi dentro il dolore per la perdita della piccola figlia è messo di fronte alla scelta e alla scoperta che tocca iconicamente ad un primo tra tutti gli uomini messo di fronte a sè stesso. Da una parte l’oscurità, dall’altra la luce. Il regista mostra da subito la difficoltà di una divaricazione così netta. L'immagine della prima missione oltre l'atmosfera mostra l'oscurità profonda dello spazio che però conquistato dona luminosità all'essere umano in contrasto con l’orizzonte di luce terrestre, cioè il desiderio di ritornare che deve fare inevitabilmente i conti con le tenebre incancellabili che gli martoriano il cuore. Il capitano Willard di Apocalypse Now ci costruisce gran parte del suo dilemma etico nel risalire il fiume conradiano della memoria e della verità (“Quando ero là volevo tornare e quando ero a casa non vedevo l’ora di essere nella giungla” cit.) Ecco allora il nuovo sogno americano, la ricerca di una nuova terra promessa che non può più essere di casa nel nostro pianeta, ma nello spazio, nell’infinito dell’universo. Cercando tra l’altro di stringere i tempi e di battere la concorrenza russa attrezzata altrettanto bene, Chazelle descrive minuziosamente la fase sperimentale mostrando i limiti e l’imperfezione della tecnologia e i rischi che non possono essere troppo ponderati per non allentare l’ambizione del traguardo da raggiungere per fini propriamente politici. Chazelle si rivela uno dei migliori registi classici moderni sfidando e rileggendo criticamente il condizionamento ambientale dell’epoca attraverso le rivendicazioni sociali che si contrappongono dentro un clima generale di sfiducia e di protesta per le spese che vengono destinate alle missioni spaziali. Un secondo elemento di interesse appare l’equilibrio del rapporto di coppia tra Neil e la moglie, complicato e rispettoso, provvisoriamente tenuto insieme forse più dal dolore della perdita che da un sentimento profondo, privato di quelle spinte moderniste dell’epoca che rivendicavano l’obbligo all’apertura e al dialogo, o peggio all’analisi. La figura di Armstrong si contrappone alla raffigurazione simbolica dell’antieroe New Hollywood, la sua non è ricerca distruttiva di redenzione ma un tentativo umano di spiritualizzarsi, forse di essere anche lo strumento indispensabile di una scienza tecnologica che per quanto sia evoluta chiama ancora in causa l’uomo in ultima battuta. L’immagine più significativa per me rimane quella dell’astronauta che guarda la sua ombra dentro il cratere lunare. In quel momento si realizza l’elaborazione del lutto perché l’uomo ha trovato un luogo che nessuno aveva mai neanche immaginato di potere raggiungere e dunque adatto a contenere il suo smisurato dolore. Il ricongiungimento con la moglie non fa altro che rendere giustizia alla misura e alla delicatezza di un regista così attento nel dosare il registro attoriale che in questo caso un ottimo Ryan Gosling e un altrettanto brava ed efficace Claire Foy ci restituiscono in un finale di straziante bellezza.

Ryan Gosling, Claire Foy

First Man - Il primo uomo (2018): Ryan Gosling, Claire Foy

 

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