Regia di Juan Antonio Bayona vedi scheda film
Ovvero "Jurassic World: Il Franchise Distrutto"
Che niente sarà più come prima, lo dice senza troppe giri di parole pure Ian Malcom nella sua breve comparsa.
E' un film a imbuto. Si inizia già circoscritti tra le rocce incandescenti di una Isla Nublar in subbuglio per poi essere strizzati visivamente in un collo di bottiglia a forma di super Villona Gotica ( stile Wayne Manor, davvero…c’è pure il seminterrato tecnologico con l’ascensore e la password. Uguale, uguale!) confinata in un imprecisato bosco, pare, in Nord America. Infine essere letteralmente catapultati “un pò dappertutto” ( cit.).
Dove si vuole andare a parare dopotutto lo si intuisce presto, molto presto ( troppo presto?!).
Il bello ( o brutto) è vedere tutte le sequela di stupide idee e correlate azioni ( che si aggiungono alla lunga triste storia delle idee cattive perpretate da vari personaggi nella storia del franchise ) che ci porteranno al citofonato risultato finale in salsa “Cesare” ( citazione da un altro epilogo abbastanza recente e piuttosto simile)
La regia, la messa in scena e l’azione sono la parte migliore del film ( specie nella prima parte). Gli effetti speciali e la CGI sono un discreto colpo d’occhio ( forse solo la resa di Blu può destare qualche dubbio?!).
Bayona ( e Trevorrow) ci e si divertono in citazioni sparse e strizzatine d’occhio al primo Jurassic Park, nonché tutta una serie di ammiccamenti al catalogo Spielberiano di genere ( Indiana Jones e il Tempio Maledetto fra tutti: una scena in particolare è costruita in maniera quasi spudoratamente identica )
La resa sonora è ottima. Il sound design ( non originalissimo ) è tecnicamente sopraffino regalando la giusta profondità alle azioni.
La musica invece è un pò mesta: i temi - rarefatti - sono un pò li stessi già sentiti sul primo JurassicWorld, ma senza riarrangiamenti di nota. Nella seconda parte, più cupa e crepuscolare, le melodie si asservano all’atmosfera particellandosi agli effetti sonori.
La sceneggiatura è francamente la parte più deludente. I personaggi sono fin troppi leggibili nelle intenzioni ( finanche dalle prime apparizioni dei nuovi e nessuno viene smosso dalla schieramento netto di partenza buoni / cattivi ). Lo sviluppo narrativo si disvela così in un percorso fin da subito intuibile e senza alcuna sopresa ( è presente qualche tentativo nella sottotrama di inserire tematiche nuove, ma l'approccio è talmente superficiale da risultare pretestuoso, se non inutile).
E’ evidente che i limiti dello storytelling soffrano la messa in opera dei presupposti necessari a quello sviluppo che si palesa ( e si concretizzerà ) per il prossimo capitolo. Dopotutto è già tutto scritto lì, nel titolo!
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