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Io sono Tempesta

Regia di Daniele Luchetti vedi scheda film

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La recensione su Io sono Tempesta

di mck
6 stelle

...'n po' sufficie, 'n po' deficie, 'n po' inficia...

 

Serena analisi: ma come cazzo se fa? Ma perché? Ma che davvero? Io boh. Ma vaffanculo.

In “Io Sono Tempesta” - che, inciso superfluo e controproducente, rimane lontano tanto da “Miracolo a Milano” quanto resta distante da “i Soliti Ignoti/i Mostri” (i modelli quelli sono, non fracassate la minchia e non martoriate i coglioni), e ha dalla sua qualche bello scorcio quasi inedito e a tratti insolito di una Roma di cavalcavia svettanti su zone semi-periferiche, sopraelevate gettanti prospettive a intercettare l'orizzonte bigazziano e ponti sul Tevere che non si chiamino Sant'Angelo o Milvio - 25 anni dopo nemmeno la Bufera arriva più, e il sentimento divora sé stesso, e il grottesco lascia il posto al ridicolo e all'afflitto triste-mesto pateticume - per quanto consapevole: semplicemente malriuscito - non della condizione, ma della messa in scena delle risultanze.

La carriera di Daniele Luchetti, qui all'opus n. 12, procede per blocchi: buono (Domani Accadrà, la Settimana della Sfinge, il Portaborse, Arriva la Bufera, la Scuola), sufficiente (impegnato moralmente: i Piccoli Maestri, Mio Fratello è Figlio Unico, la Nostra Vita, Anni Felici, e sentimentalmente, sezione coniuge a carico: Dillo con Parole Mie) e “Hm?” (Chiamatemi Francesco, Io Sono Tempesta e forse, anzi - bias-ON - quasi sicuramente - bias OFF - il prossimo Piccoli Momenti di Trascurabile Felicità).
Producono Cattleya e Rai Cinema (Marco Chimenz e Riccardo Tozzi), più Regione Lazio e Tax Credit; distribuisce 01.
Scrivono Luchetti con Giulia Calenda (male) e Sandro Pretaglia (compensazione).
Montaggio di Francesco e Mirco Garrone. Musiche originali di Carlo Crivelli e non originali di Dario Fo e Enzo Jannacci (“Ho Visto un Re”, sui titoli di testa) e Franco Piersanti.

A Marco Giallini (Numa) e Elio Germano (Bruno) che je voi di'? Bravi! Grazie! Potevate fare megl... Gra...!
Puntuale Marcello Fonte nei panni del Greco.
Peccato per il personaggio - il più complesso e al contempo irrisolto (da questo PdV al pari degli altri) - interpretato dalla brav(issim)a Eleonora Danco (da la Tv delle Ragazze a N-Capace, e in mezzo tanto teatro e piccole parti in “la Cena”, “la Balia”, “la Stanza del Figlio” e “Romanzo Criminale”), malamente utilizzata.
Al confronto, svettano le figure dell'Ingegnere (Luciano Curreli; l'improbabile e semi-irricevibile “Raver Eolica”, scritto da Davide Manuli), di Boccuccia (Franco Boccuccia) e del padre di Numa (Carlo Bigini). E di Radiosa (Simonetta Columbu), troia-psicologa (I See the Future, Baby).
L'Abruzzo - e accade più spesso di quanto si possa pensare succeda: in questo caso il Nepal/Tibet - interpreta il Kazakistan.

Una nota a parte la merita il giovane Francesco Gheghi (il figlio di Bruno). La sua è l'interpretazione migliore. Suo è lo shining in negativo, para-berlusconiano, pare, invece, italico-cosmopolita. Bravissimo. Forse anche oltre le intenzioni del regista (altrimenti non si capisce il resto della contestualizzazione venutasi a creare).

È impensabile non ricondurre il finale ad una costruzione consapevole: volutamente cinica. Però è malriuscita. È talmente cinica che fa un giro completo da risultare quasi, realmente, un vero e proprio lieto fine. Tanto ci fa che praticamente ci è.

Recuperato (diocristo, non è colpa mia: Luchetti, Giallini, Germano, Danco, Bigazzi, Crivelli: eccheccazzo!) su Amazon Prime Video.

* * ¾ - 5 ½  

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