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C'eravamo tanto amati

Regia di Ettore Scola vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su C'eravamo tanto amati

di Serum
7 stelle

 

Qualche istante di guerra e poi si riparte dall'inizio. L'attaccamento alla vita torna ad annegare nella stanchezza della quotidianità, i grandi amori nati all'insegna di un domani riconquistato si sciupano nella noia e nei tradimenti, il sogno di un mondo migliore che faceva combattere, morire, sperare e sopravvivere si perde com'è ciclico che sia nell'inossidabilità delle ingiustizie sociali, nella corruzione (le stoccate alla DC fanno ancora oggi un notevole effetto...), nell'incomunicabile solitude che affligge ogni essere umano. Forse non è neanche così vero che i tre amici volessero cambiare il mondo (che invece ha finito col cambiare loro): semplicemente, desideravano una vita normale, soddisfacente, che desse loro quella dignità per la quale aspramente avevano combattuto. Ma Nicola viene schiacciato da quell'unica punta di avarizia che gli è capitato di avere, beffato dal caso e dall'aggressività della sua passione, Antonio aspetta per anni un amore che lo ha privato dei suoi amici di sempre, e Gianni si imbriglia nella tela delle classi più agiate, quelle che un tempo disprezzava, chiuso in un matrimonio senza amore, vergognandosi a tal punto della sua condizione da preferire farsi passare per un parcheggiatore abusivo, sognando di morire in azione (quando ancora si poteva sperare in un futuro luminoso e diventare degli eroi). E nel momento in cui si rincontrano (per quanto mi riguarda, una delle scene più commoventi della storia del cinema italiano), vogliono solo dimenticare il dolore che hanno passato, gli anni di distanza e di amarezza, per cercare di poter tornare quelli di un tempo, anche solo per una sera. Scola dà prova, qui come in pochi altri casi, di avere un talento visivo ed una capacità di alternare toni drammatici e comici tutt'altro che comune, ma purtroppo questo film ha almeno tre macroscopici problemi che lo buttano giù. Due di essi convergono nel personaggio di Luciana: il primo va sotto il nome di Stefania Sandrelli, la quale, mi dispiace doverlo dire, non è un'attrice, non lo è mai stata e non ha mai funzionato in nessun film nel quale le abbiano assegnato una parte diversa da quella dell'oca giuliva (ed accanto al trittico Manfredi-Gassman-Satta Flores fa davvero una figura barbina); il secondo è il modo in cui è scritto il personaggio da lei interpretato, che oltre ad essere irritante e macchiettistico oltre misura, costituisce un catalizzatore per la rottura fra i tre protagonisti davvero grossolano e stucchevole, poco appropriato al contesto. L'ultimo problema temo sia intrinseco a quasi tutta la commedia all'italiana dei tempi d'oro, ed è uno dei motivi principali per cui l'ho sempre bazzicata con una certa qual diffidenza: l'eccessiva semplificazione delle situazioni. Molti interpretano ed interpretarono questo fenomeno come un modo per rendere più usufruibili le opere in questione e sintetizzarne i contenuti arrivando a comunicare meglio il messaggio desiderato. Io l'ho sempre visto come un buon metodo (involontario per carità) per banalizzare temi che avrebbero meritato ben altro respiro (in questo caso: l'evoluzione del cinema italiano, il boom economico, i movimenti studenteschi, il femminismo, la solitudine dell'individuo, l'amore attraverso il tempo). Comunque un film notevole.

 

 

 

 

 

 

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