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Assassinio sull'Orient Express

Regia di Kenneth Branagh vedi scheda film

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La recensione su Assassinio sull'Orient Express

di genoano
6 stelle

Branagh voleva fare con Poirot quello che Ritchie al cinema, e soprattutto Moffat in tv, hanno fatto con Sherlock Holmes, ma la rilettura più "action" del personaggio va al di fuori dei binari dell'originale letterario. A parte questo, una passabile ma non certo memorabile versione del celebre giallo.

Miss Marple è assai anziana, minuta, di salute malferma; Poirot è un ometto pingue, di bassa statura, un pò imbolsito, un po' buffo; Agatha Christie ama giocare sul contrasto ironico tra l'aspetto innocuo e dimesso dei suoi eroi letterari e la loro ben diversa sostanza, che è quella di acutissimi solutori di enigmi e di spietati cacciatori di criminali. Branagh rimescola le carte in tavola, cercando di attualizzare e rendere vivo per gli spettatori d'oggi un personaggio classico ma datato come Poirot;  purtroppo lo fa stravolgendo il contrasto elaborato dalla creatrice dell'investigatore belga, dando vita a un Hercule fisicamente temibile, atletico, capace di confrontarsi in una colluttazione con qualsiasi avversario con buone probabilità di cavarsela; non è mai bene, per dare nuova linfa a un personaggio, snaturarlo nelle caratteristiche essenziali: se non ti andava bene com'era, potevi inventarne uno simile ma con le caratteristiche che volevi tu; ma se scegli di fare un racconto con un'icona della letteratura, seppure di consumo come quella gialla, devi farlo con rispetto e intelligenza. L'intelligenza si vede invece nel modo in cui Branagh dà spessore psicologico e morale a Poirot lavorando su uno degli elementi che l'autrice aveva descritto, la fissazione di Poirot per l'ordine e la simmetria, che nell'originale è più che altro una delle bizzarrie e delle manifestazioni del carattere egocentrico e capriccioso del detective, ma qui viene interpretata come una conseguenza della sua intima natura, della sua filosofia di vita e della visione del mondo, in cui l'integrità, il coraggio di vedere con chiarezza dov'è il giusto e dov'è lo sbagliato, e la persecuzione di ogni stortura e violenza sono la regola morale del gentiluomo. Branagh come regista tira fuori interessanti ideuzze fotografico-pittoriche, come l'immagine degli indagati che si rifrange e moltiplica sui vetri come a segnalare la difficoltà a catturare la verità in ciò che dicono,o l'idea di rappresentare i sospettati riuniti come il gruppo pittorico del Cenacolo leonardesco; come attore interpreta il suo ruolo egregiamente, anche se forse il suo investigatore più riuscito è l'ottimo Wallander della serie tv. Negli altri ruoli spicca per bravura e naturalezza Olivia Colman, in mezzo a un cast prestigioso, in cui ciascuno ha per forza un piccolo ruolo e molti sembrano fuori parte (Ridley, Dafoe, persino Depp). Un'annotazione, che in un film in cui Poirot ricorda spesso quanto contino i dettagli risulta rilevante: Ratchett riferendosi agli Italiani ostentatamente, poi si capirà perchè, prende le distanze da essi definendoli "Terzo Mondo" con disprezzo; non sto a commentare il contenuto di una simile affermazione, mi limito a ricordare che il film è ambientato nel 1934 mentre il concetto di Terzo Mondo è stato per la prima volta introdotto dal saggista francese Alfred Sauvy in un articolo del 1952.  

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