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1945

Regia di Ferenc Török vedi scheda film

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La recensione su 1945

di laulilla
9 stelle

Meditate che questo è stato (Primo Levi)

 

Stato di grazia del cinema ungherese, che, dopo il bellissimo Corpo e anima, ora ci presenta, per la regia di Ferenc Török, questo film meraviglioso, nel suo magnifico e raffinato bianco e nero in perfetta sintonia col racconto.


12 agosto del 1945

la guerra in Europa era appena finita; soldati russi si aggiravano nell’Ungheria liberata dai nazisti e in attesa delle prime elezioni politiche che sarebbero arrivate di lì a poco e di cui già si avvertiva  l’imminenza. Molte le attese accompagnate dalla speranza di voltare finalmente pagina, di dimenticare la guerra e i suoi orrori.

 

Nunc est bibendum, nunc pede libero pulsanda tellus…

Ora la voglia di bere e di danzare sembrava sul punto di realizzarsi, perché era giorno di nozze nel piccolo villaggio sperduto nella pustza ungherese, la nuda e brulla pianura che (come è stato notato) pare evocare il Far West, con le sue lunghe distese pianeggianti assolate e secche, attraversate dalla ferrovia. Ad accrescere la suggestione evocativa, l’improvvisa comparsa di una locomotiva a carbone, col suo fumo, nonché, subito dopo, quella di un carro, trainato da un cavallo e seguìto a piedi da un anziano signore, al quale sembrava appoggiarsi un ragazzo molto più giovane. I due sconosciuti avevano sistemato sul carro due cassette di legno dal contenuto ignoto e ora si accingevano ad attraversare a piedi il paese per raggiungere il cimitero ebraico. No, non siamo nel Far West!


L’arrivo dei due uomini non era passato inosservato; aveva anzi destato profonda inquietudine poiché aveva riportato alla memoria di alcuni dei più eminenti e autorevoli abitanti le pagine vergognose del passato recente, quando essi avevano collaborato all’arresto e alla deportazione di una grande famiglia di ebrei, le cui case e i cui averi erano diventati di loro proprietà, con tanto di legittimazione notarile. Per fortuna di ogni persona per bene, i nazisti avevano perso la guerra, ma per i notabili del luogo ansiosi di cancellare in fretta quella tragedia, l’arrivo dei due stranieri, con i loro misteriosi bagagli, invece, era il segnale probabile che con quel passato i conti non erano affatto chiusi: all’orizzonte, forse, altri arrivi, vendette, risarcimenti… In realtà stavano già incrinandosi gli equilibri fragili costruiti sulla spartizione delle spoglie degli innocenti, immolati alla loro avidità, alla loro invidia meschina. Qualcuno, sopraffatto dai sensi di colpa, si era ucciso; una moglie aveva trovato la forza di smascherare le nefandezze sulle quali il marito fondava il proprio futuro politico; i più giovani, che di quella storia vergognosa non erano a conoscenza, ora chiedevano di sapere. Una grande voglia di verità e di pulizia sembrava essersi impadronita di loro, facendo saltare le nozze di convenienza e i relativi festeggiamenti (e come potevamo noi cantare…), rinnegando anche ogni possibile condivisione delle ricchezze accumulate senza scrupoli e senza ribrezzo: sarebbero fuggiti proprio quando tutto sembrava (a quei padri!) essersi risolto. I due sconosciuti, infatti, avevano seppellito, col rito ebraico, quel che rimaneva della famiglia sterminata: poche e terribili testimonianze dell’esistenza, un tempo e in quel luogo, di uomini, donne e bambini sacrificati senza colpe; erano poi ripartiti col treno, senza nulla chiedere, mentre il fumo della locomotiva, scurissimo, ora sinistramente evocava l’orrore e la verità incancellabile dell’Olocausto.

Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa e andando per via,
coricandovi alzandovi;
ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi

(Primo Levi)*

 

 
 
*Da Shemà
In esergo su Se questo è un uomo 
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