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Alba rossa

Regia di John Milius vedi scheda film

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FABIO1971

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La recensione su Alba rossa

di FABIO1971
4 stelle

Videogame bellico delirante e pirotecnico che ipotizza, quasi fuori tempo massimo visto che la guerra fredda era ormai agli sgoccioli, lo scoppio della terza guerra mondiale tra Stati Uniti e Russia: truppe sovietiche e cubane invadono l'America dal Messico, ma un gruppetto di liceali di Calumet in Colorado (cittadina immaginaria, il film è girato in New Mexico) riesce a sfuggire ai soldati rifugiandosi sulle montagne. Tornati di nascosto in città per procurarsi le scorte di cibo, i giovani scoprono di essere ricercati dai militari e che i cittadini dissidenti o potenzialmente pericolosi sono stati rinchiusi nei campi di rieducazione (dove ai prigionieri viene proiettato l'Aleksandr Nevskij di Ejzenštein e Vasiliev): scappano nuovamente nei boschi e, armati di tutto punto, si predispongono alla guerriglia, che si rivelerà disperata e sanguinosa. Scritto dallo stesso Milius insieme ad un semi-esordiente Kevin Reynolds e basato sugli studi della CIA sulle conseguenze di un possibile attacco terrestre agli Stati Uniti, Alba rossa, roboante e spettacolarmente appassionante nei suoi deliri fantapolitici, si rivela, però, sempre improbabile nel dipingere questi otto studentelli che riescono a tenere sotto scacco un intero esercito con l'esperienza di combattimento di un veterano, passando dai libri di scuola al bazooka come se niente fosse (Rambo, almeno, in guerra c'era stato sul serio): inzuppato di dialoghi retorici ("Che uno rida o pianga, il vento continua a soffiare" e così via...), nonostante le prime battute del film lascino ben sperare per incisività e tensione drammaturgica, Alba rossa prende ben presto la strada della pagliacciata fracassona e seriosa, oltre che schematica e superficiale nella sua veemenza patriottica. Quando uno dei giovani guerriglieri tradisce gli altri consegnandoli al nemico, i compagni non esitano ad ucciderlo: solo allora i protagonisti arrivano a comprendere veramente in che cosa si sono trasformati. Milius, però, si lascia sfuggire l'occasione per caratterizzare questo tragico trapasso dei personaggi nell'età adulta come l'apice di un tormentato percorso formativo, seppur sui generis ed estremizzato nei toni concitati e violenti dell'action movie, parallelo alla critica verso la follia delle guerre, preferendo, invece, limitarsi a governare l'ambigua e complessa materia, tra l'apologia dell'interventismo ed il manuale di sopravvivenza per ogni guerra prossima ventura, con notevole dispendio di mezzi ed i consueti virtuosismi della macchina da presa, senza mai andare oltre il calligrafico esercizio di stile ed affidandosi esclusivamente al ritmo trascinante della narrazione e alle suggestioni spettacolari della messinscena (con la smagliante fotografia di Ric Waite, il montaggio affidato all'esperto Thom Noble e la colonna sonora di Basil Poledouris). Imponente il cast, dal gruppetto capeggiato da Patrick Swayze, con un esordiente Charlie Sheen, C. Thomas Howell e Lea Thompson, fino ad arrivare a Harry Dean Stanton, Powers Boothe e Ben Johnson. Ad autunno 2010 è previsto il tutt'altro che attesissimo remake, diretto da Dan Bradley (all'esordio dietro la macchina da presa dopo una carriera ventennale come coordinatore degli stuntman e come regista delle seconde unità), che trasforma gli invasori da russi a cinesi e su cui ha già avuto modo di esprimersi lo stesso Milius: "Perchè la Cina dovrebbe volerci invadere? Ci vendono cose. Siamo mercato. Io avrei usato il Messico".

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