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Paradise

Regia di Andrey Konchalovskiy vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Paradise

di alan smithee
9 stelle

Un Paradiso che si guadagna attraverso un Limbo visto come un banco degli imputati, ove esporre ognuno la propria storia di vita. Tra gli orrori dell'Olocausto, Konchalowskij firma uno dei suoi film più intensi e riusciti dell'ultimo ventennio. E speriamo si tratti del prossimo Leone a Venezia 73.

VENEZIA 73 - CONCORSO

Il giorno del giudizio coglie tre persone, che successivamente, e nel rispetto dei tempi narrativi necessari per raccontarci tutte e te le drammatiche vicende, saranno legate una all'altra da un trait d'union ben preciso e connesso in qualche modo alla fine di ognuna delle rispettive esistenze.

Come dinanzi ad un banco degli imputati scarno e senza segni distintivi se non un tavolo di legno nudo e completamente vuoto, vestiti con una camicia incolore, i tre protagonisti ci parlano, ognuno nella propria lingua natia (rispettivamente il francese, il russo ed il tedesco), raccontandoci gli episodi finali legati alla propria esistenza terrena.

Jules è un poliziotto francese collabrazionista con i nazisti. Deve cercare di far parlare una nobildonna russa di religione ebraica, ma, invaghitosi della donna, le offre uno sconto della pena in cambio di un favore sessuale.

Purtroppo le cose non procedono come il previsto e ritroviamo la donna in un campo di sterminio, vessata e quasi allo stremo dagli stenti. Per caso al campo arriva un giovane ufficiale SS col compito di eseguire un ispezione del luogo.

L'uomo la riconosce nella donna di cui si innamorò follemente durante una vacanza in Italia anni prima, e pertanto si offre di salvarla conducendola dapprima a fare da serva nella sua dimora, e poi preparandole dei documenti falsi per l'espatrio.

Ma anche stavolta le cose non procederanno secondo i piani e pure la coppia si troverà al cospetto di un gudice ultraterreno a cui rendere conto.

Konchalovskij torna in regia con un film incentrato su un limbo e su tre "detenuti in attesa di giudizio" che hanno modo di rivedere gli attimi salienti delle rispettive esistenze, arrivando essi stessi a comprendere quale sarà il reciproco destino ultimo di ognuno.

Ogni protagonista guarda fisso in camera come per parlare direttamente all'entità che lo sta interrogando e che sta cercando di capire per emettere un giudizio.

Il Paradiso spetterà solo ad uno dei tre, e il prescelto avrà modo di farci comprendere le circostanze per cui si è meritato tale destinazione.

Il gran regista russo sembra volerci dire che a volte nella vita basta un piccolo gesto per salvarci la vita, sviandoci da un testino grigio verso cui ci siamo indirizzati per tutto il resto dell'esistenza-

Ognuno dei tre protagonisti si presenta come opportunista, egoista e desideroso solo di farla franca a scapito degli altri soccombenti. Salvo un gesto finale che sopraggiunge inaspettato ma liberatorio e pertinente, a suggello di una salvezza altrimenti impensabile.

La spontaneità del gesto e il premio dell'illumnazione saranno esemplari e manifesti.

In un bianco e nero molto studiato, con luci a contrasto che abbagliano e creano chairoscuri efficaci e suggestivi, gli orrori della follia umana lasciano spazio a piccoli gesti che risultano risolutivi ed in grado di fare la differenza.

Konchalovskij si addentra nei territori dell'orrore dei laeger, e affronta argomenti e situazioni piuttosto rischiose, ma riesce a dominare la materia con la classe innata ed uno stile che riesce ogni volta a dimostrarsi forte e generoso anche affrontando argomenti e generi cinematografici completamente disparati.

Paradise riesce a scorrere veloce lungo i suoi 130 minuti di tensione msta ad orrore, catapultandoci nei luoghi della follia e della brutalità di uno dei momenti più buoi e tremendi a cui mai riuscì ad arrivare la follia e la perversione umana.

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