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Il signore della morte

Regia di Rick Rosenthal vedi scheda film

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La recensione su Il signore della morte

di scapigliato
9 stelle

I corridoi di un ospedale non sono più gli stessi dopo Halloween II. Il film diretto da Rick Rosenthal, sceneggiato da John Carpenter e Debra Hill e prodotto sempre da Moustapha Akkad, è il miglior sequel della linea pura, quella che prevede non tanto la presenza del dottor Loomis, quanto quella di Laurie Strode.

Il film parte là dove finiva il primo storico capitolo, esattamente dall’inquietante scoperta che Michael, dopo l’ennesimo colpo mortale ricevuto in quella prima parte della notte delle streghe, è ancora vivo e si aggira per una Haddonfield in pare ancora in festa e in parte sull’orlo di un linciaggio pubblico. Di tutt’altra atmosfera, e quindi di riuscito effetto straniante, è l’ospedale in cui Laurie Strode viene ricoverata. Il personale si conta sulle dita di una mano e di pazienti quasi nemmeno l’ombra. Per contro, ci sono lunghi corridoi immobili, stanze vuote e asettiche, parcheggi desolati, angoli inabitati e fotografati nel classico Carpenter touch che Rosenthal imita perfettamente, aggiungendo di suo un gusto più commerciale ed effettistico alle scene thrilling e di violenza. Difatti, aumenta il body count e nell’aumento delle vittime aumenta pure la creatività della coreografia omicida; aumentano i nudi, aumenta la presenza visiva di Michael ed aumentano ovviamente i riferimenti alla cultura pop dell’epoca, mentre nell’episodio del 1978 i riferimenti erano più autoriali e sottili – vedi alla voce Howard Hawks.

Di Halloween II stupisce che non perde per nulla la tensione accumulata nel primo film, la cui visione contigua li trasforma in un unico spassoso slasher inimitabile per iconografie, sottotesti e figurazioni simboliche. Negli esistenti di Halloween II, come in quelli di Halloween (John Carpenter, 1978) si nascondono in controluce i segni del racconto fantastico classico, fatto di ombre, streghe e orchi. I riferimenti alla notte del Samhain non sono casuali, ma al tempo stesso non vincolano i personaggi e la maschera mostruosa ad un’unica interpretazione. Qui, in particolare, con l’evidente marginalizzazione di Laurie Strode a vantaggio di Loomis, il film punta soprattutto sulla sfida cavalleresca tra San Giorgio e il Drago, tra Don Quijote e i mulini a vento: mostruosità e impossibilità.

La sequenza finale, che conferma nuovamente la sovraumanità di Michael, è tutta appannaggio dell’eroico Loomis, che sembra possedere più motivi di Laurie Strode per annientare il mostro. È anche vero che il personaggio d Laurie, a differenza dello spettatore, non sa di essere sua sorella, ma questo non giustifica la focalizzazione del confitto su Michael e Loomis, se non il fatto che lo scontro tra un Bene ambiguo e incontrollabile come Loomis e un Male incognito e invincibile come Michael, sembra lo scontro tra le due facce di una stessa medaglia.

Telefonatissima la scena degli indizi disseminati nella scuola elementare. Ma lo si può perdonare.

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