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I figli della violenza

Regia di Luis Buñuel vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su I figli della violenza

di giansnow89
8 stelle

Precursore di molti altri film generazionali, ma nel contempo se ne distingue violentemente.

Il film di Buñuel sembrerebbe inscriversi nel filone di altre opere generazionali sul disagio giovanile, ma in realtà dice molte più cose. Capolavori comunque indiscutibili come Les Quatre Cents Coups si limitano all'individuazione e alla connotazione psicologica del conflitto giovane-adulto e figlio-genitore: essi gettano uno sguardo comprensivo sulla realtà dei ragazzi ribelli, e a quella si fermano, non pretendendo di universalizzare il discorso sociale. Sono film intimi, spesso autobiografici. Buñuel cala invece i propri piccoli criminali in uno scenario di miseria talmente onnipresente e talmente opprimente da sembrare un fenomeno immutabile, globale ed eterno. Ovunque ci sono baracche fatiscenti; le crepe nei muri - che paiono cicatrici enormi - vengono colte con impietosa capacità di dettaglio, e poi abbiamo cantieri abbandonati a se stessi, mendicanti storpi, molta ignoranza, tanta ruralità ottocentesca incompatibile con l'attualità di quel tempo. La miseria è il brodo di coltura necessario per lo sviluppo del fenomeno delinquenza: qui non è tanto l'adulto che ha lasciato solo il giovane, ma è la società che si è dimenticata di un pezzo di sé e ha concesso che il vulnus si propagasse e prosperasse. O forse, più cupamente, la disuguaglianza non sarebbe appianabile neppure volendo. Ad ogni modo, giovani e adulti sono uniti nella sorte avversa, non si tratta di due entità distinte. Il piano inclinato spinge tutti nella medesima direzione, la differenza tra l'uno e l'altro soggetto consiste solo nei tentativi - chiaramente vani - di opporsi all'inevitabile. E così i ragazzi provano a sopravvivere con espedienti, mancando loro il duplice riferimento educativo della società e della figura genitoriale. Qualche adulto che si distingue dalla massa informe e selvaggia parrebbe esserci anche: il cieco, il fabbro, o il direttore del collegio. Nondimeno, tutti svelano prima o poi la loro corretta natura: il cieco molesta una ragazza; il fabbro non perde tempo a denunciare il piccolo Pedro per un furto che non ha commesso; e il direttore del collegio altro non è che una pia illusione, perché il caso (o la necessità) ha stabilito altrimenti per Pedro. Significativo che trovino la morte sia Juliàn, sia Pedro, sia Jaibo: ovvero, né l'emancipazione per mezzo del lavoro, né una redenzione tardiva sulla via di Damasco, né il crimine puro e indiscriminato sono fonti di salvezza nella landa desolata di Luis Buñuel.

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