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Caccia al ladro

Regia di Alfred Hitchcock vedi scheda film

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FABIO1971

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La recensione su Caccia al ladro

di FABIO1971
8 stelle

"È una Quiche Lorraine, dovrebbe essere di vostro gusto"
"Quiche Lorraine? Ne ho sentito parlare ma non l'ho mai assaggiata"
"Già..."
"Mmm... Stupenda... La pasta è di una leggerezza..."
"Sì, Germaine ha delle mani sensibilissime ed un tocco dei più delicati..."
"Ah, sono d'accordo!"
"Ha strangolato un paio di generali tedeschi senza fargli dire 'Ahi'!"

[Cary Grant a John Williams, l'assicuratore dei Lloyd's, mentre gustano a colazione la torta appena servita dalla domestica Germaine]

John Robie (Cary Grant), detto il "Gatto", ladro di gioielli ormai in "pensione" e ritiratosi in Costa Azzurra, è costretto a rimettersi in pista per scoprire chi è che, imitandone le tecniche, sta ripulendo le cassaforti dei ricchi turisti della Riviera: si procura, quindi, una lista delle personalità più in vista ed avvicina la vedova di un petroliere americano (Jessie Royce Landis) e sua figlia Frances (Grace Kelly), per sorvegliarle fin quando il ladro non si farà vivo. Il presunto "Gatto" riesce a trafugare i gioielli delle due donne, ma i sospetti di Frances, che nel frattempo si è innamorata di Robie, ricadono proprio su di lui. Scritto, dall'omonimo romanzo di David Dodge (lo scrittore che "non viaggiava per scrivere, ma scriveva per guadagnare i soldi per viaggiare"...), dal John Michael Hayes che per Hitchcock aveva già firmato lo script di La finestra sul cortile e che, sempre per lui, si apprestava ad elaborare la sceneggiatura-capolavoro di La congiura degli innocenti (seguita, poi, dall'ultima collaborazione col regista inglese per L'uomo che sapeva troppo), Caccia al ladro costituisce una delle opere più giocose di Hitchcock, una commedia giallo-rosa squarciata da irresistibili bordate d'humour nero e realizzata con evidente divertimento da autore ed interpreti (con una radiosa Grace Kelly, fresca reduce dall'Oscar come miglior attrice per La ragazza di campagna), a partire dalla magistrale costruzione narrativa dell'incipit fino alla grazia spumeggiante delle gag (la signora che attraversa la strada durante l'inseguimento in macchina, il gatto nero di Cary Grant), all'eleganza formale delle sequenze più suggestive (l'esplosione romantica della notte al chiaro di luna tra Grant e Grace Kelly, tra diamanti e fuochi d'artificio, o la festa in costume) e al crescendo di tensione del gran finale sui tetti, immerse nel tripudio di colori delle affascinanti locations, esaltate dalla fotografia scintillante di Robert Burks (premiata con l'Oscar). È soltanto un amabile divertissement? Senz'altro: ma, come sempre, nel caso di Hitchcock, le sfumature di quel "soltanto" si perdono nelle spire del racconto, che cattura lo spettatore, lo trasporta in un vortice di avventure che lo incatenano alla poltrona ad interrogarsi sull'identità segreta del "Gatto", lo sballottano sulle strade a strapiombo sul mare della Costa Azzurra o in bilico sul cornicione di qualche tetto, gli consentono di rilassarsi nella quiete di una villa in campagna o lo elettrizzano con rocamboleschi inseguimenti in motoscafo, gli fanno palpitare il cuore di fronte alle vampate della passione amorosa che sorprende i protagonisti del film e scorrere qualche brivido lungo la schiena quando l'ombra di un dubbio, un sospetto inquietante (sarà, per caso, che stanno accusando ingiustamente un innocente?), si insinuano tra pieghe della vicenda. Poi, quando vengono tirate le fila, lo spettatore sorride, è felice ed appagato, e non gli resta che applaudire: ora provate un po' a ribadire, a quello spettatore, che Caccia al ladro era "soltanto" un divertissement...

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