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2022: i sopravvissuti

Regia di Richard Fleischer vedi scheda film

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La recensione su 2022: i sopravvissuti

di Baliverna
8 stelle

E' un film triste e pessimista, ma non di quel cinismo compiaciuto e diverito che tanto mi infastidisce. Comprende molte delle paure sul futuro che erano in voga nel 1973, alcune delle quali fondate, altre no. Il timore sulla devastazione dell'ambiente e la sofisticazione del cibo era abbastanza ragionevole, tanto che il mondo da allora si è mosso certamente nella direzione temuta. Lo stesso si può dire delle politiche di certe mega-industrie alimentari. Naturalmente, le proporzioni sono per fortuna molto esagerate, ma la sostanza è quella.
Quanto all'altro grande timore che compare nel film, molto sentito alcuni decenni fa, era il sovrapopolamento del pianeta, e la conseguente fame di molti. Le teorie neo-malthusiane paventavano folle di affamati per l'eccessiva popolazione della terra, che si sarebbe dovuta urgentemente ridurre. Questo non solo non si è avverato nel mondo occidentale, dove la popolazione diminuisce, ma molti economisti hanno semmai dimostrato l'amicizia tra il fattore dell'aumento demografico e quello del benessere medio.
Comunque comunque, il film è di quelli che catturano l'interesse pur nella loro apparente lentezza. Dirò anche che rimane molto impresso nella memoria, come è successo a me quando lo vidi da bambino la prima volta. L'ambientazione è volutamente sgradevole, sporca e buia. Le buone idee che costellano la trama sono numerose, come le molte variazioni sul tema della penuria di cibo e di generi di prima necessità. In generale, le situazioni e la stessa vicenda instillano una sottile angoscia, che cresce fino all'inquietante scoperta finale. Charlton Heston non è eccellente ma certo se la cava. Forse assegno un punto in più all'irriconoscibile Edward G. Robinson. Il budget e le scenografie non mi sembrano stratosferici, ma sono ben utilizzati. A parte qualche appartamento futuristico creato ad hoc, al regista bastò inquadrare qualche squallida via cittadina del 1973, e il gioco fu fatto.
Su altri due punti il film ci azzecca. La degradazione della donna a strumento di piacere dell'uomo, data in dotazione come un oggetto (oggi stiamo procedendo su questa via...), e l'eutanasia di stato, gratuita e incoraggiata, per eliminare i vecchi e le persone improduttive (anche su questo punto oggi c'è più di qualche accenno). Ho trovato interessante il personaggio dell'assassinato, uomo che di fronte allo svelamento delle spaventose politiche attuate dall'azienda in cui lavora ha il coraggio di chiamarsi fuori, pur sicuro di rimetterci la vita. Meglio quella che l'anima, aggiugo io.

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