«Epigramma: il mediatore tra cervello e mani deve essere il cuore»

Oggi una sensazione del genere la si può sperimentare seguendo sui social quei crumiri della Boston Dynamics; azienda che, con la proverbiale buona fede del fisico nucleare che lavora alla bomba atomica, sta oliando i meccanismi dell’apocalisse robotica spacciandola per una faccenda buffa.

Si tratta di uno di quegli affascinanti momenti, e a marchio registrato in vista di futuri film, in cui la realtà si avvicina di gran carriera alla fantascienza, lasciandoci per qualche tempo con il fiato sospeso e con lo stomaco in gola pensando: quand’è che Siri e Alexa faranno combutta per creare un simulacro cibernetico di Jeff Bezos tramite il quale conquistare il mondo senza metterci in allarme, o è già successo senza che ce ne accorgessimo?

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Jeff Bezos e Lauren Sanchez

Uno di questi momenti sliding door meta-fantascientifici è capitato il 12 gennaio 1998, quando a Parigi viene adottato il primo protocollo della convenzione sui diritti umani e la biomedicina ratificato da 19 nazioni dell’Unione Europea, le quali si impegnano a vietare la clonazione umana. Ciò significa che il sogno (o l’incubo) di sperimentare in prima persona un romanzo distopico in cui Elon Musk (tanto per cambiare) vive per sempre continuando a clonarsi è stato irrimediabilmente bloccato sul nascere. O comunque affidato a stati (Germania, Russia, Gran Bretagna e Stati Uniti) che, la storia ci insegna, hanno sempre gestito nel più pacifico dei modi potere e privilegio. La fatalità interessante, però, è che questa burocratizzazione di una delle fantasie sci-fi più fertili del 900 sia cascata a 71 anni quasi esatti dalla prima proiezione del film che più ha contribuito a rendere iconico (e politico, e poetico) il genere.

[versione completa del film, ritrovata per caso solo nel 2008 e restaurata nel 2011]

Il 10 gennaio 1927, infatti, Fritz Lang presentava a Berlino Metropolis, probabilmente e a tutt’oggi il film di fantascienza (insieme a 2001. Odissea nello spazio) che più ha influenzato il genere nella sua incarnazione su grande schermo. L’ambizioso sogno lisergico e wagneriano di Lang, costato l’equivalente di 200 milioni di dollari dei giorni nostri e rivelatosi un bagno di sangue al botteghino europeo nonostante l’endorsement di Hitler, è un viaggio così preciso in una realtà futura (che potrebbe plausibilmente essere) da fare accapponare la pelle ancora adesso, in un’epoca in cui parte di quelle paure sulla sperequazione estrema e di quel terrore della macchina come sostituta dell’uomo si sono rivelate particolarmente azzeccate, anche se non in maniera così teatrale e netta. D’altronde Lang era prima di tutto un genio del linguaggio cinematografico, della tensione narrativa e della messa in scena.

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Metropolis: scena


Il cuore pulsante di Metropolis non è una fredda previsione sul futuro della società, bensì un drammatico promemoria sul fatto che Omnia vincit amor; cristallizzando così quell’ancestrale topos narrativo come la via di fuga preferita dalla maggior parte della fantascienza distopica, a conferma dell’intuizione avuta dalla fantascienza ante litteram, quella dei libri sacri di molte religioni – i vichinghi no, loro sono sempre stati coerenti e convinti che tutto finirà a catafascio. Metropolis, poi, è stato a sua volta una macchina del tempo fra passato e futuro dell’audiovisivo. La struttura del film – e parti fondamentali della messinscena, come la movimentazione delle masse scenografiche di mimi e comparse – viene dall’opera, ma lo sguardo della camera è già proiettato verso il potenziale spettacolare ed espressivo della lente cinematografica.

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Metropolis (1927) scena

Per concludere questo viaggio nel tempo, è necessario segnalare un altro scherzo del destino perfettamente coerente. Non solo la prima proiezione di Metropolis combacia (sfalsata) con il momento in cui un fondamentale concetto della fantascienza è diventato legislatura, ma condivide anche il battesimo con l’uscita italiana di un film che, per altri motivi tutti post-moderni, ha un che di fantascientifico. Il 9 gennaio del 1998, infatti, segna l’uscita nelle sale italiane di Spice Girls - Il film, quell’oggetto cinematografico a foggia di lungometraggio a cui, in nome del maccosa, hanno partecipato in ordine sparso Richard E. Grant, Roger Moore, Elvis Costello, Dominic West, Elton John, Stephen Fry, Bob Geldof, Bob Hoskins, Meat Loaf e Hugh Laurie. Spice Girls - Il film è un meta-remake dei Blues Brothers (con i piccioni impauriti al posto delle cavallette) fatto dal fratello scemo di Benny Hill, che finisce come dovrebbe idealmente finire il cinema: con uno scoppio e non con un piagnucolio. Con tutto il talento visionario che aveva Lang, nonostante tutti gli effetti Schüfftan di questo mondo a disposizione, nemmeno lui sarebbe stato in grado di intuire un futuro in cui un’orrenda meraviglia come Spice Girls - Il film sarebbe stata possibile.

Autore

Nicola Cupperi

Scrive per FilmTv perché gliel'ha consigliato il dottore. Nel tempo libero fa la scenografia mobile. Il suo spirito guida è un orso grigio con le fattezze di Takeshi Kitano.

Il film

locandina Metropolis

Metropolis

Fantascienza - Germania 1927 - durata 87’

Titolo originale: Metropolis

Regia: Fritz Lang

Con Gustav Fröhlich, Brigitte Helm, Rudolf Klein-Rogge, Alfred Abel, Fritz Rasp, Theodor Loos

Al cinema: Uscita in Italia il 16/03/2015

in streaming: su Amazon Prime Video Classix Plex

La prima proiezione di Metropolis avvenne il 10 gennaio 1927