Nel mondo della saga Predator, ogni capitolo ha contribuito ad ampliare l’universo narrativo attorno alla figura dell’alieno cacciatore: il film Predator: Badlands, diretto da Dan Trachtenberg, introduce una variazione sostanziale- Al centro della storia, infatti, non c’è l’essere umano ma un membro della specie Yautja, conosciuta finora soprattutto per il ruolo antagonista.


Ambientato su un pianeta chiamato Genna, il lungometraggio si inserisce nella storyline generale espandendo la prospettiva. Qui non si racconta più l’invasione, ma l’esilio; non lo scontro tra civiltà, ma la sopravvivenza in un ambiente estremo, da parte di chi è abituato a cacciare, ma stavolta potrebbe essere anche preda.


Al cinema dal 6 novembre con Disney.

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Predator: Badlands (2025) scena

Un pianeta, due reietti, una prova da superare

Il film Predator: Badlands segue Dek, giovane esemplare Yautja allontanato dal suo clan per essere considerato troppo debole. La cultura a cui appartiene è regolata da un codice incentrato sulla forza e sull’eliminazione di ogni elemento ritenuto non idoneo. Dek si ritrova su Genna con l’obiettivo di cacciare una creatura nota come Kalisk, in un contesto in cui l’ambiente stesso rappresenta una minaccia costante.


Durante il percorso incontra Thia (Elle Fanning), un’intelligenza artificiale avanzata che ha perso l’uso della parte inferiore del corpo ed è bloccata in un nido alieno. I due iniziano a viaggiare insieme, affrontando sfide che mettono alla prova la resistenza fisica e le capacità di adattamento. La dinamica tra loro si evolve, mostrando due esseri non umani costretti alla collaborazione.

Dek: il peso dell’appartenenza

Dek è stato concepito come un personaggio che vive in contrasto con il proprio contesto culturale. In un sistema fondato sul principio della forza assoluta, viene escluso perché considerato inadeguato. Il film Predator: Badlands mostra il suo percorso su Genna come una prova per dimostrare il proprio valore, secondo le regole del suo clan.


La costruzione visiva del personaggio è supportata da una scelta tecnica particolare: il volto dell’interprete rimane esposto per gran parte del film, con gli effetti visivi applicati in post-produzione. Questo consente un’ampia gamma espressiva, utile a sostenere un arco narrativo che non si affida al dialogo ma a gesti, interazioni e conflitti fisici.

Elle Fanning
Predator: Badlands (2025) Elle Fanning

Thia: funzione, parola, resistenza

Thia è un’IA avanzata, priva di mobilità autonoma, che viene inizialmente utilizzata da Dek come strumento o supporto. Tuttavia, la sua presenza nella narrazione assume progressivamente un ruolo più complesso. Nonostante le limitazioni fisiche, interagisce costantemente con l’ambiente e con Dek, instaurando un rapporto che si basa su differenze funzionali e comunicative.


La sua caratteristica principale è la verbalizzazione continua: parla molto, osserva e commenta. Questa modalità la distingue dal silenzio operativo di Dek, creando un contrasto narrativo che accompagna il loro viaggio. In alcune sequenze, Thia partecipa attivamente all’azione, utilizzando le risorse disponibili in maniera non convenzionale.

Regole di caccia: struttura e cultura Yautja

Il film Predator: Badlands rappresenta un’espansione del mondo Yautja, mostrandone aspetti finora solo suggeriti: riti, gerarchie, addestramento, pratiche di esclusione. Si tratta di una società incentrata sulla selezione dei più forti, dove il fallimento non è previsto e dove l’identità si definisce attraverso la prova.

Attraverso Dek, viene mostrato l’impatto di queste regole su chi si discosta dagli standard. La rappresentazione della cultura Yautja non si appoggia a elementi umani, ma mantiene una logica interna che riflette un sistema coerente, seppur distante.

Dan Trachtenberg
Predator: Badlands (2025) Dan Trachtenberg

Sopravvivere, adattarsi, cambiare

Un elemento ricorrente nella narrazione è la sopravvivenza, intesa non solo come resistenza fisica, ma anche come capacità di rinegoziare il proprio ruolo. Dek e Thia, pur appartenendo a specie e funzioni diverse, si trovano entrambi fuori dal proprio sistema di riferimento. Questa condizione comune li spinge a collaborare, anche in assenza di un linguaggio condiviso.


Il film Predator: Badlands affronta anche il tema dell’identità attraverso la perdita di funzione: Thia, progettata per altro, è ora un frammento che interagisce; Dek, addestrato per cacciare, si confronta con limiti imprevisti. Da questi elementi emerge una riflessione sull’adattamento come forma di sopravvivenza e trasformazione.

La maschera non serve

Predator: Badlands si differenzia da altri capitoli del franchise per l’assenza della prospettiva umana. Il punto di vista rimane sempre interno al mondo alieno. La costruzione del protagonista non cerca empatia forzata, ma lavora sulla coerenza narrativa e sull’evoluzione interna. La maschera iconica viene abbandonata per esigenze di messa in scena legate all’espressività, ma questa scelta ha anche un impatto sul modo in cui il personaggio viene percepito: non più figura indistinta, ma soggetto complesso.


Più che riscrivere le regole del franchise, il film sembra volerne esplorare i margini. Sposta il centro. E nel farlo, apre a nuove possibilità narrative.


Disclaimer

Questo testo è stato redatto sulla base di informazioni e note di regia condivise dalla produzione, supportate dalla visione di interviste e materiali promozionali, ma senza avere visto il film. In alcun modo, quindi, questa presentazione di Predator: Badlands può essere intesa come una recensione o una critica cinematografica.

Autore

Redazione

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Filmografia

locandina Predator: Badlands

Predator: Badlands

Horror - USA 2025 - durata 107’

Titolo originale: Predator: Badlands

Regia: Dan Trachtenberg

Con Elle Fanning

Al cinema: Uscita in Italia il 06/11/2025