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Immagini e Musica. Il pop italiano va al cinema
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Una breve introduzione

 

E’ il 1970, l’epoca del beat, il genere musicale che ha caratterizzato gli anni ’60, è ormai al tramonto. Tre amici veneziani, membri di una band che si è distinta da qualche anno grazie ad  alcuni singoli e ad un album (Ad Gloriam)  improntati ad un beat con venature psichedeliche, decidono di fare una vacanza all’Isola di Wight. Ideatore della gita è Toni Pagliuca (veneziano d’adozione visto che è nato a Pescara) cui un precedente viaggio a Londra, durante il quale era venuto in contatto con la nuova scena musicale inglese, aveva aperto nuove prospettive. La visita a Wight dove quell’anno si tenne un mitico festival musicale che vide, tra l’altro l’ultima grande esibizione di Jimi Hendrix prima della sua prematura dipartita,si rivelò fondamentale per il futuro del gruppo.

Tornati in Italia il nostro terzetto (oltre a Pagliuca, Aldo Tagliapietra e Michi Dei Rossi, ovvero Le Orme) decide infatti di intraprendere la nuova strada musicale e di lì a poco sforna Collage che al suo interno racchiude il gioiello Sguardo Verso il Cielo; nasce così il Pop Italiano, ovvero il progressive rock di casa nostra. 

 


Il termine "Pop" a dire il vero non si adatta per nulla a una musica come il rock progressivo, ricca di sperimentazioni e suggestione e poco prona ad adeguarsi alla moda del momento, ma quello fu il termine con cui quasi da subito da parte della stampa di settore (e non solo) si indicò il ricchissimo movimento musicale che travolse la scena nazionale.
In realtà stabilire una data di nascita o attribuire un’origine ben definita a un movimento musicale è pressoché impossibile, cosa risaputa da chi ama il rock e tutti i suoi rivoli, ma credo che alle Orme vada riconosciuta una sorta di primogenitura.
Del resto in barba a chi possa pensare che la scena prog-rock italica sia nata ad imitazione di quella britannica, c’è da dire che le due sono quasi contemporanee. Se è vero che quale disco di origine del genere progressive la critica indica In the Court of the Crimson King dei King Crimson, è altrettanto vero che questo album uscì nell’autunno del 1969 e già pochi mesi dopo le prime progressive bands italiane davano mostra della loro bravura.

 


I motivi per cui questo genere musicale ebbe così successo alle nostre latitudini non sono poi così ben definibili. Mi azzardo ad avanzare questa teoria, e cioè che un popolo abituato alla melodia e a trame musicali più elaborate trovasse nel progressive la giusta fusione tra la potenza del rock e la dolcezza della melodia.
Non è certo un caso che gruppi come i Genesis siano stati apprezzati in Italia prima ancora che nel loro paese di origine e che i Van Der Graaf Generator abbiano avuto dalle nostre parti un successo mai replicato altrove. 

Il progressive italiano, al pari di quello originale made in U.K., non fu mai un genere univoco e monolitico, al contrario uno dei motori che innestavano i gruppi che si identificavano in questa area era proprio la ricerca continua di nuove soluzioni (e per l’epoca questo era un elemento di profonda rottura con quello che era stato il panorama musicale fino a pochissimo tempo prima).

 

I principali esponenti del “Pop Italiano”

 

Se Le Orme furono sempre contraddistinte da una impostazione melodica, il Banco del Mutuo Soccorso sposò le sonorità d’oltre manica con la tradizione mediterranea e il melodramma, mentre quelli della Premiata Forneria Marconi erano decisamente più esterofili nelle loro sonorità (non a caso sono stati il gruppo di maggior successo al di fuori dei confini nazionali)
Discorso assolutamente a parte meritano gli Area, capeggiati da Demetrio Stratos, probabilmente (e sono sicuro che più di uno vorrebbe vedere un "sicuramente" al posto di questo "probabilmente") la miglior voce del progressive italiano.

 


Nati nel 1972, gli Area si posero fin dall’inizio l’obiettivo di superare le barriere inserendo nei loro pezzi sonorità dalle provenienze più disparate. Jazz, musica etnica, sperimentazioni continue, tutto questo era la musica degli Area, un gruppo di fuoriclasse dello strumento come se ne sono visti pochi nella storia del rock (e non solo italiano).
Difficile davvero fare un elenco di nomi, del resto non è questa la sede. Mi limito a citare qualche gruppo tra i più originali (almeno per chi scrive): i Biglietto per l’Inferno, dal suono cupo ed oscuro sottolineato da giri di chitarra tra i più taglienti della scena italiana, il Rovescio della Medaglia che si avvicinò più di ogni altro all’Hard Rock, gli Osanna dal caratteristico flauto di Elio D’Anna (quasi la versione italiana del mitico Ian Anderson dei Jethro Tull) che regalarono al pubblico Palepoli, uno dei capolavori del prog made in Italy, per finire con il Balletto di Bronzo in sospeso tra sonorità classicheggianti e rock duro (almeno nel loro miglior disco, Ys).
L’onda del progressive rock frenò vistosamente la sua forza a partire dalla metà degli anni ’70. Di lì a poco l’Inghilterra sarebbe stata travolta dal ciclone iconoclastico del punk, mentre l’Italia avrebbe conosciuto da una parte l’avanzata senza ostacoli del fenomeno dei cantautori dall’altra il ritorno alla melodia  e alla canzonetta, senza dimenticare che verso al fine di quel decennio a farla da padrone era la disco music (ORRORE!!!) che ci massacrò le orecchie per poi tornare nel nulla da cui era giunta.

 

Il pop italiano va al cinema

 

Quasi ovvia fu l’intersezione fra rock progressivo e cinema, le sonorità ora incalzanti ora dolci del progressive sembravano fatte apposta per essere manipolate dai compositori soprattutto quando chiamati a costruire il commento sonoro per film polizieschi o horror.
Ci furono anche autori del livello di Ennio Morricone (Il Gatto a Nove Code) e Armando Trovajoli (La Mala Ordina) che in un certo senso si avvicinarono al progressive, a dimostrazione anche di quanto questa branchia del rock per le sue caratteristiche “sinfoniche” risulti congegnale a un certo modo di fare musica in maniera più classica.
Per non parlare del lavoro di Giorgio Gaslini e Luis Enriquez Bacalov che verrà approfondito più sotto

Seguendo un ordine cronologico il primo film in cui ci imbattiamo è La vittima designata (1971) giallo di Maurizio Lucidi con Tomas Milian e Pierre Clementi.

La colonna sonora firmata da Bacalov fu la base per il celeberrimo Concerto Grosso dei New Trolls, la band genovese fa peraltro una apparizione nella pellicola nelle vesti di un gruppo di fricchettoni (insomma interpretavano sé stessi…) in giro per le calli di Venezia.

 

 

Se l’opera di Lucidi (un modesto rifacimento di un film di Hitchcock) non è certo memorabile, di ben altro levatura è Milano Calibro 9 (1972), pellicola di eccezionale livello partorita dal genio di Fernando Di Leo. Pilastro fondamentale del “poliziottesco”, il film gode di una fantastica colonna sonora firmata da Bacalov (ancora lui) e dai napoletani Osanna.  L’abum venne pubblicato con il titolo Preludio Tema Variazioni Canzona e contiene un autentico gioiello: There will be time. Gran bel lavoro quello di Lino Vairetti e compagni, le cui musiche si abbinano in maniera perfetta alle immagni del film di Di Leo.

 

Il tema però più famoso che un gruppo di prog italiano abbia mai creato per il cinema è sicuramente quello di Profondo Rosso (1975), indimenticabile giallo a tinte horror di Dario Argento.

Le musiche vennero realizzate dal gruppo dei Goblin, una band non certo di primissimo piano (al contrario di New Trolls e Osanna) nel panorama musicale, prova ne è che il loro nome è legato indissolubilmente a questa colonna sonora, realizzata insieme a Giorgio Gaslini. Leggenda vuole che il regista romano avesse voluto per il suo film nientemeno che la musica dei Pink Floyd e che i Goblin siano stati una scelta di ripiego (ma quale miglior ripiego…..verrebbe da dire col senno di poi!).

Gli stessi Goblin sono gli autori esclusivi (se si eccettua una piccola collaborazione del regista, ovvero Dario Argento) della colonna sonora di Suspiria (1977), la quale, pur mancando di un singolo trascinante come quello del film precedente, è decisamente superiore qualitativamente alla colonna sonora di Profondo Rosso.

 

 

Senza la “tutela” di Gaslini, i Goblin si avventurano in sperimentazioni più ardite e il risultato finale è assolutamente notevole.

Tra i due  film di Argento si pone, in ordine di data, Il Garofano Rosso (1976) di Luigi Faccini, dal romanzo omonimo di Elio Vittorini, pellicola che vide i primi passi artistici di Miguel Bosé.

La colonna sonora è stata composta dal Banco del Mutuo Soccorso che la pubblicarono anche come album proprio (il quinto della cronologia del gruppo). Disco interamente strumentale, con il quale la band dei fratelli Nocenzi aprì nuove strade alle proprie sonorità.

A chiudere la lista dei film con colonna sonora progressive è Shock (1977) horror di Mario Bava che vede tra i suoi interpreti la signora Argento ovvero Daria Nicolodi. Le musiche erano dei Libra, uno dei gruppi minori del progressive italiano, con sonorità prossime al Jazz.

Facciamo un bel salto in avanti e dagli anni 70 approdiamo ai giorni nostri: Lavorare con lentezza (2004) bel film di Guido Chiesa sull’epoca di Radio Alice e delle lotte studentesche nella Bologna della seconda metà degli anni ’70. La colonna sonora, splendida, ci riporta in pieno a quell’epoca ma non è esclusiva di una band progressive, ci sono vari (e grandissimi) nomi tra cui Frank Zappa e Tim Buckley.

In realtà questa pellicola la cito per lo splendido omaggio agli Area, interpretati nell'occasione dagli Afterhours di Manuel Agnelli (che presta voce e fattezze a Demetrio Stratos) regalandoci una interpretazione di Gioia e Rivoluzione da brividi. Passaggio di consegne simbolico tra i due gruppi più originali del rock italiano, rispettivamente degli anni '70 e degli anni '90.

 

 

Nota: questo post è la riproposizione di quanto da me pubblicato un paio di mesi fa come playlist. Visti gli ottimi riscontri e incoraggiato dall'interesse che l'argomento ha suscitato fra gli utenti, ho creduto opportuno riprendere in mano il materiale e rielaborarlo per pubblicarlo su CR.

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