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Come una marea che non si può più ignorare, l’informazione dello sciopero degli attori americani che appartengono al sindacato Sag-aftra (Screen Actors Guild – American Federation of Television and Radio Artists) ha investito il mondo dello spettacolo nel vasto spettro che parte dall'industria e arriva fino agli spettatori.

Ne avevamo parlato velocemente anche qui, qualche settimana fa, quando lo sciopero era ancora un'ipotesi. Ma ora, precisamente nella notte tra il 13 e il 14 luglio - data di scadenza dell'ultimatum posto dal sindacato alla AMPTP (Alliance of Motion Pictures and Television Producers) per il rinnovo del contratto che regola il rapporto tra attori e industria - è diventato realtà.

Si tratta di uno sciopero pesantissimo che va ad aggiungersi a quello indetto dagli sceneggiatori a maggio di quest'anno ed è altamente probabile che impatti seriamente sulla programmazione dei film in sala - principalmente quelli che prevedono anteprime con la partecipazione di attori e registi - ma soprattutto sulle line-up dei concorsi dei festival, come Venezia e Toronto, perché settembre è dietro l'angolo ed è quasi impossibile che la querelle si risolva a breve termine.

Anche perché, come scrive Alice Cucchetti nell'editoriale di Film Tv di questa settimana, la posizione dell'industria cinematografica hollywoodiana, dopo aver lasciato scadere l'ultimatum senza accettare di sedersi al tavolo, sembra la versione moderna di un famoso proverbio di Confucio visto che intende lasciar passare tutto il tempo necessario perché sceneggiatori e attori "inizino a perdere le proprie case" e tornino sui propri passi. Che è una strategia piuttosto brutale per condurre una trattativa sindacale.

In sostanza le richieste degli attori girano attorno a tre punti nodali.

1 L'ascesa dello streaming, dopo gli anni del Covid, ha cambiato radicalmente il mercato e gli attori chiedono che le royalties legate alla programmazione di film e serie sui canali streaming siano aggiornate su standard assimilabili a quelle pagate per la tv mentre invece ora sono molto più basse. Il problema si basa anche sul fatto che la tv ha numeri e audience facilmente identificabili mentre, si sa, le piattaforme streaming sono tendenzialmente riottose a condividerli.

2. Sempre dal Covid in avanti le audizioni vengono spesso realizzate in remoto e agli attori è richiesto di inviare i propri provini direttamente al casting registrando a casa. Cosa che ovviamente impatta sull'organizzazione tecnica che è scivolata a carico dell'attore.

3. Sul campo, infine, c'è la questione, per nulla marginale e futuristica, legata all'uso e all'abuso dell'Intelligenza Artificiale. Sia per quanto riguarda la richiesta che gli attori siano remunerati qualora le loro voci, i loro movimenti, le loro prestazioni vengano archiviate e riutilizzate con l'uso di tecnologie digitali e legate alla IA, sia nel caso in cui invece siano utilizzate per istruire, educare, addestrare le IA nell'ottica di una vera e propria sostituzione.

Le prime conseguenze del mancato accordo si sono già viste durante l'anteprima londinese di Oppenheimer, la nuova opera di Christopher Nolan, quando tutto il cast del film ha disertato la proiezione per sostenere lo sciopero che, con tempismo ovviamente non casuale, era stato confermato solo qualche ora prima.

È dal 1960 che il sindacato degli attori e degli scrittori legati all'industria americana del cinema, non si ritrovavano uniti in un'azione coordinata e - anche se il comparto produttivo e distributivo appare compatto e allineato nell'andare avanti ad oltranza - il terreno sul quale ora le case di produzione devono lavorare è abbastanza scivoloso e basta poco per aggravare diplomaticamente la situazione.

Probabilmente l'industria potrebbe premere sull'acceleratore e far partecipare i film ai festival ugualmente, ma deve pesare bene la indisponibilità degli attori e le limitate disponibilità anche da parte dai registi. Come Nolan a Londra che ha deciso di partecipare alla proiezione del film ma non ha perso l'occasione per far arrivare ai media il suo pieno sostegno alla causa. Quindi c'è da considerare il rischio che queste occasioni si trasformino in pericolosi boomerang che possono spostare l'attenzione degli spettatori verso altri temi, danneggiando prodotti e incassi.

Sul piatto della bilancia, ovviamente, c'è anche il fatto che, senza scrittori e senza attori, le produzioni Usa di serie e film sono bloccate. Considerando la sovrabbondanza di materiale a disposizione negli archivi delle piattaforme, come spettatori, potremmo non renderci conto del problema per qualche mese, ma se state aspettando la nuova stagione di Stranger Things o di Cobra Kai, sappiate che, insieme a molte altre produzioni, sono completamente bloccate.

Questi sono i fatti ma io non li capisco del tutto.

Non mi sembra che nell'economia di una produzione di un film o di una serie questi riallineamenti di costi legati alle retribuzioni o alle royalties degli attori e degli scrittori possano mettere in crisi il conto economico di un film o di una serie tv. Non mi pare possibile arrivare ad una rottura come questa per le prime due motivazioni.

Però c'è un elemento che a noi, che pensiamo ancora alle nostre piccole contabilità in termini di costi, ricavi e margini, sfugge. E forse è il motivo per cui siamo e restiamo piccoli.

Le aziende quotate in borsa dipendono tremendamente dagli utili distribuiti. Un centesimo di margine in più o in meno può scatenare un moltiplicatore che alla fine si riflette sul valore della aziende quotate, in maniera apparentemente sproporzionata rispetto al centesimo originario.

Può benissimo essere, quindi, che questi centesimi - ossia queste legittime quote di royalties in più richieste da scrittori e attori - possano rivelarsi molto punitivi per i valori delle aziende quotate in borsa. E riflettersi negativamente sul denaro di cui le aziende hanno bisogno per finanziare gestione ordinaria e crescita.

Se a questo aggiungiamo che magari queste aziende hanno utilizzato considerevoli risorse per sostenere tecnologicamente lo sviluppo di nuove tecnologie legate alle Intelligenze Artificiali, ecco che anche questo terzo punto che fa parte del pacchetto potrebbe rompere le uova nel paniere e gettare un alone di incertezza sul futuro di certi investimenti sostenuti dall'industria.

Se assumiamo questo punto di vista ci troviamo di fronte a una delle più classiche e spettacolari frizioni ideologiche prodotte da un'economia sempre più sbilanciata verso la finanza. Almeno fino a quando a partecipare alle anteprime e ai red carpet dei festival non saranno direttamente gli ologrammi delle star. Che si muoveranno e sorrideranno ai fotografi e ai fan proprio proprio come loro.

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