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V per Vaccino
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Hugo Weaving

V per Vendetta (2006): Hugo Weaving

Due pesci giovani incontrano un pesce più anziano che li saluta “Hey, ragazzi! Com’è l’acqua oggi?” Loro sorridono, salutano “Tutto bene, grazie!”. Poi appena il pesce più maturo si allontana, si guardano l’un l’altro e si chiedono: “ma cos’è l’acqua?”.

 

D.: Perché il cinema è per te uno strumento tanto utile al fine di analizzare il mondo?

R.: In generale il modo in cui parlo di cinema mi serve per illustrare la situazione ideologica in cui ci troviamo: come esperiamo le nostre esistenze, per cosa ci sentiamo di combattere, quale è il senso attuale della nostra vita […] E Hollywood ci offre tutto questo nella sua forma più pura, distillata.

È Slavoj Žižek che parla, in un’intervista per “Vice” che trovate su YouTube. Conoscete Žižek? Probabilmente sì. Se no vi basti sapere che è un filosofo sloveno, molto popolare e anche un po’ pop, grande comunicatore e interessato al sociale. È anche un attento critico cinematografico sui generis e ha realizzato ben quattro documentari, uno dei quali è in particolare dedicato al cinema: Guida perversa al cinema, molto interessante e consigliato. Per ora di lui non ci serve altro.

Quello che ci serve è quest’ idea - che condivido assolutamente - che spesso basta guardare cosa racconta Hollywood per capire quello che stiamo vivendo e l’interpretazione che abitiamo. Non parliamo qui di cinema autoriale, dove la riflessione dovrebbe essere più acuta, articolata, critica: parliamo del cinema che è agito dall’ideologia (parola complessa), che ne è attraversato. Del cinema che vive nell’ideologia corrente, nel presente, come i pesci della storiella qui sopra nell’acqua.

Prendete ad esempio una cosetta di cui si parla abbastanza di recente: il vaccino, le politiche vaccinali, le resistenze al vaccino, i no vax, i no green pass. Quella cosa lì.

La stampa, l’opinione pubblica, i commentatori, tutti in coro, dicono sostanzialmente una cosa: che chi si oppone è un idiota. Non vengono usate queste parole, ma il senso è un po’ quello. Ed è un idiota sostanzialmente per due motivi: o perché è ignorante, o perché è manipolato. Mettetevi tranquilli: non sono un no vax. Ed è chiaro anche a me che l'ignoranza è una malattia grave, che va curata, così come mi è ancor più chiaro che la manipolazione delle paure della gente - che sia per fini personali, per farci del profitto o per finalità politiche - è un male ancor più grave.

Ma ridurre tutto a ignoranza e manipolazione mi pare che non spieghi quelle paure, non aiuti a comprenderle, non riconosca che esse sono a loro volta portatrici di senso. Per tranquillizzare l’opinione pubblica, per convincere, per fare aderire i restii alla campagna vaccinale, sono stati demonizzati coloro che sono contrari, in un percorso che negli ultimi tempi abbiamo visto ripetere più e più volte nei confronti di qualsiasi resistenza alle politiche perennemente emergenziali: i negazionisti, i no mask, persino i runner!

Ma cosa ci dicono “i contrari”? Cosa dicono davvero, al di là delle loro teorie fantasiose, strampalate, assurde e delle loro giustificazioni inesistenti? Ci dicono che non si fidano, che hanno paura. Che non capiscono il senso delle cose e che - in assenza di una spiegazione soddisfacente - si aggrappano a quelle spiegazioni posticce o irrazionali che risuonano con la loro sfiducia.

“Poveretti!” Sorride il benpensante. “Credono alle ombre proiettate sul fondo della caverna. Vedono un albero incendiato dal fulmine e si immaginano che il fulmine sia stato lanciato dalla mano di un dio rabbioso”.

“Big Pharma!!!11!! Grande Reset!!1 Nuovo Ordine Mondiale!!! Gli ebrei!1! ” rispondono loro, agitando i loro spettri.

È in questo dibattito che mi immagino che arrivi Žižek, con il suo sigmatismo e quel suo ostinato e continuo sfregarsi il naso compulsivamente. “Ma cosa ci racconta Hollywood da decenni?” dice lui. Ci racconta che la politica è marcia, che le grandi corporation fanno profitto noncuranti della salute della gente, che la Terra è pronta a soccombere per continue catastrofi. E a farlo non è il cinema sociale e di denuncia - che in qualche modo è assimilabile a un’inchiesta giornalistica: è proprio il cinema d’intrattenimento. È lo spettacolo.

Quanto male (o bene, a seconda dei punti di vista) ha fatto Matrix, scrivendosi nel nostro immaginario? Quanto V per Vendetta (la cui maschera non a caso è diventata un elemento ricorrente nelle manifestazioni anticapitaliste o contro il potere costituito)? Quanto Il Codice da Vinci?

La lista dei film potrebbe essere lunghissima (ne esistono tante in rete, io vi propongo questa): ci troverete horror (come dimenticare Carpenter?), supereroi, distopie, fantascienza, catastrofi, thriller, serie tv. Quell’obbrobrio che è la terza stagione di La casa di carta arriva addirittura a immaginare che il crimine sia la soluzione: un atto artistico, di libertà, di resistenza al sistema. Ma, pur essendo un posto fantasioso, Hollywood non sta raccontando fantasie: sta semplicemente dicendoci come è l’acqua in cui nuotiamo. Certamente non limpida, né trasparente. Ma melmosa, fangosa, oscura. Spaventosa.

“L’antivaccinismo non ci si può limitare a “smontarlo”: ne vanno compresi i nuclei di verità, cioè va riconosciuto l’anticapitalismo – a volte esplicito, più spesso inarticolato e inconsapevole – che vi si esprime, per provare a prevenire la “cattura” di quel malcontento da parte del cospirazionismo, il suo essere incanalato in fantasie di complotto.” Scrive così il collettivo Wu Ming sul blog Giap in un lungo articolo che segue la pubblicazione del libro La Q di Qomplotto (sul blog trovate tra l’altro un estratto gratuito la cui lettura raccomando davvero a tutti, per sentire una diversa campana che non è certo assimilabile a quella degli “idioti”). La loro analisi è sicuramente politica e magari molti potrebbero sentire che la parola “anticapitalismo” va loro stretta. Ma non c’è bisogno di essere anticapitalisti per comprendere che se avessimo una sanità di cui fidarci davvero e una politica virtuosa e al servizio del cittadino, forse i poveri sprovveduti cittadini, incapaci di comprendere i movimenti complessi che si agitano sopra le loro teste e pervasi da un sentimento di impotenza, non si inventerebbero teorie e semplificazioni astruse per cercare di capire come va il mondo, pronti poi a cascare nella rete di chi ha capito che quei sentimenti possono trasformarsi in un elettorato.

Forse semplicemente si fiderebbero.
E forse quindi la cura non è il vaccino, anzi meglio non è solo il vaccino. È molto molto di più. È curare la nostra società malata. Ve lo ricordate cosa dicevamo all'inizio di tutta questa storia? Che dopo non avrebbe potuto essere come prima: che bisognava cambiare. Quando il vaccino ancora non era disponibile, quando nemmeno si sapeva se sarebbe arrivato, avevamo detto che per guarire avremmo dovuto cambiare la nostra sanità, improntata al profitto, divorata dal profitto. Oggi invece non lo sento dire più: ci sono solo notizie sul vaccino e sulla crescita del PIL. Ma io penso ancora che dire che dobbiamo cambiare non sia distrarsi dall’emergenza: sia tentare di risolverla davvero. Mi faccio dei film, eh?

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