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Cannes fin qui: day 7-8
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Sono passati altri due giorni: siamo arrivati a quota 15 film visionati, la boa è stata ampiamente girata. Mancano ora tre giorni e sei film ancora da vedere (compresi i due che verranno visionati oggi: Matthias et Maxime, di Dolan, oramai un appuntamento fisso di Cannes, e Oh, Mercy, titolo internazionale: quello francese originale è Roubaix: une lumière) di Arnauld Desplechin, un altro grande habitué del festival francese.

In attesa quindi dei responsi sulla giornata superfancese in corso (da notare intanto che Dolan un premio l’ha praticamente sempre portato a casa, mentre Desplechin no…), vediamo cosa è successo negli ultimi due giorni.

 

Young Ahmed (2019): Trailer originale

 

Lunedì i film in concorso proiettati sono stati due: Le jeune Ahmed, l’ultima fatica dei Dardenne, altra istituzione del cinema francese, e Frankie, dell’americano Ira Sachs. 

I Dardenne, fedeli alla loro vena realistica e alla loro agguerrita vocazione sociale, "pedinano" ancora una volta un ragazzino, come spesso è stato nei loro film. Solo che questa volta il ragazzo non è "solo" un ragazzino della working class e con problemi. Questa volta è anche musulmano: Ahmed, 13 anni è figlio di emigrati del Magreb e cresciuto in Belgio, dove studia. Nel suo corpo, nella sua mente, si concentra la collisione tra provenienza e residenza, tra la legge islamica e la modernità occidentale. E così Ahmed, sottoposto dall'imam a un'interpretazione estremista dei testi sacri, coltiva un proposito insano, da terrorista in erba: uccidere la sua insegnante. Ma Ahmed è anche, appunto, un ragazzino: in lui c'è sete di vita e di amore. E quel desiderio si scontra con il fanatismo, in una battaglia interiore titanica tra umanità e negazione, tra il rigore dell'assoluto dettato dalla mente di un'adolescente in erba e le pulsioni vitali del suo corpo.

Girato con la consueta ruvidezza umanista cui i due registi - forti del loro passato di documentaristi militanti - ci hanno abituato, il film, che ha ricevuto buoni consensi dalla critica, è stato ritenuto anche superiore alle loro ultime prove. Qui trovate la recensione di EightAnd Half, che ne parla decisamente bene.

Per l'americano Ira Sachs (classe 1965), diversamente dai Dardenne che - va ricordato - hanno già vinto ben due Palme d’Oro, questa a Cannes è la prima volta: fino ad oggi era più facile incontrare un suo lavoro al Sundance, semmai. Ci arriva con Frankie, un film drammatico, una storia familiare, ma con un cast che - furbescamente, vien da dire - schiera una regina del cinema francese ed europeo: Isabelle Huppert. Assieme a lei tanti nomi importanti: Greg Kinnear, Marisa Tomei, Jeremie Rénier e Pascal Greggory. La vicenda si svolge in Portogallo, a Sintra e ci racconta di una celebre attrice francese (ovviamente la Huppert) che è gravemente malata e decide di passare nella località turistica dell'Estremadura una vacanza (l'ultima?) con un gruppo di persone che le sono care. Freddo, molto parlato, debole, inutile: sono gli aggettivi non certo entusiasmanti che ritornano nelle prime recensioni ricevute dal film. E anche la prima registrata sul nostro sito non è affatto tenera. 

 

Frankie (2019): Trailer originale

 

Ieri, martedì, è stata invece la volta di un film molto, molto atteso. Chiaramente parliamo di C'era una volta a Hollywood, il non(o) film di Tarantino. Cast memorabile - insieme a Brad Pitt e a Leo DiCaprio (first time on the screen together!) troviamo Margot Robbie, Al Pacino, Kurt Russle, Dakota Fanning, Timothy Olyphant... - ambientazione nel 1969, set a Hollywood. E una trama sulla quale il regista e la produzione hanno chiesto a chi era in sala di mantenere il più completo riserbo, pena il rovinare la sopresa a tutti gli spettatori che verranno (tra l'altro - almeno per noi - di tempo ne passerà un bel po', tutta l'estate: il film uscirà da noi il 19 settembre).

Il (poco) che si sa è scarno: DiCaprio è un attore televisivo, Brad Pitt la sua controfigura. Insieme si aggirano per i set e per LA, segnatamente a Hollywood, vivendo a pochi passi dalla casa dove abita Sharon Tate (Margot Robbie).

 

Brad Pitt, Leonardo DiCaprio

C'era una volta a Hollywood (2019): Brad Pitt, Leonardo DiCaprio

 

Più che ogni trama vale però quanto ci riporta il prolifico EightAndHalf, alias Marco: "Il film è un viaggio imprevedibile fra generi diversi e strati diversi di realtà, un film in cui finzione e realtà risultano “diegetici” contemporaneamente. Per spiegarsi meglio: certe sequenze passano dalla finzione alla realtà senza alcuna soluzione di continuità, richiamando alla differenza fra i due livelli solo con un gesto di macchina da presa, il che la dice lunga su ciò che Tarantino intende per artigianato del cinema."

E ancora "... un film in cui il concetto di intrattenimento arriva ad un punto zero, con dilatazioni temporali inedite per il regista, continue parentesi non sempre autoconcluse e coerenti, e una trama praticamente inesistente. Eppure il film non è nemmeno un trip da flaneur pynchoniano fra festini, star system, droga e hippies, è un’altra cosa ancora. È un film di continua rimessa in discussione di ciò che si vede. Il confine con il cinema sperimentale si fa più labile, se pensiamo che il film fluttua in una sospensione del tempo e dello spazio che raramente al cinema si incontrano: le narrazioni e le situazioni si aprono talvolta senza chiudersi, le icone dei Seventies si susseguono entusiaste con bruciante energia ma spesso decontestualizzate, e le modalità di messa in scena si mischiano, anche senza senso alcuno. Tutto quello di cui si parla in Once Upon A Time in Hollywood fa parte di un pot pourri debordante e slabbrato terribilmente destabilizzante perché disciolto in un ritmo che raramente diremmo tarantiniano, fatta eccezione per l’esplosivo finale."

Vi si sono confuse le idee? Comprensibile. Quel che si capisce è che Tarantino ha voluto evitare di ripetersi  - un atteggiamento che gli fa molto onore - cercando di destrutturare ulteriormente la sua opera, sperimentando, dilatando, scomponendo. Ma se Marco conclude la sua recensione con un esclamativo "bello da star male", non crediate che questa sia l'unica accoglienza riservata al film e che i giochi per la Palma d'Oro siano fatti. Anche se le cronache parlano di una standing ovation e di minuti di applausi al termine della proiezione, parte delle prime critiche che si leggono in rete non confermano: l'ipotesi è che alla fine si tratti di un film molto divisivo e spiazzante che potrebbe suscitare tanto entusiasmo quanta delusione, probabilmente in funzione della voglia di accettare un cambio di passo e di registro. 

 

Woo-sik Choi, Kang-ho Song

Parasite (2019): Woo-sik Choi, Kang-ho Song

 

Tanto clamore e tanto glam hanno ovviamente fatto passare un po' più in sordina l'ultima pellicola di ieri: Parasite, di John-ho Bong, rappresentante del cinema asiatico che ha trovato ben poco spazio in questa edizione del concorso del festival francese. Il regista sud-coreano attivo dagli anni '90 che i più cinefili ricorderanno per opere come Memories of Murder, Mother o i più recenti e diffusi Snowpiercer e Okja (produzione Netflix del 2017 e passata in concorso a Cannes, prima che Cannes chiudesse le porte alla piattaforma di streaming), arriva per la quinta volta al festival francese e per la seconda in concorso. 

La sua opera  racconta la storia dell'incontro tra due famiglie, agli antipodi della scala sociale. L'intera famiglia di Ki-taek, un uomo di umili origini, è disoccupata ed è molto interessata allo stile di vita della ricca famiglia Park. Un giorno, Ki-woo, il figlio di Ki-taek, riesce a farsi raccomandare per dare lezioni private d'inglese ai Park. Ciò rappresenterà l'inizio di un'incontrollabile catena di eventi, da cui nessuno uscirà illeso. Come si capisce questa vicenda familiare segna il ritorno del regista a una produzione più intimista (e nel suo paese d'origine) dopo i successi internazionali di Snowpiercer e Okja, due titoli dal grosso budget. 

Commedia grottesca e drammatica, con situazioni eccessive e al limite dell'assurdo, il film sembra pagare il limite degli stereotipi che incarna e l'aspetto di denuncia delle convenzioni sociali orientali non appare mordere. 

Per un approfondimento vi rimandiamo ovviamente alle recensioni che trovate sulla scheda.

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