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Cinema e attualità - Atticus Finch e Gregory Peck
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Introduzione di massima. Il prodotto cinema è sempre più usa e getta. Sembra che l’importante sia essere sul pezzo, poter dire che sì, quel film l’ho visto, cavolo è su Netflix, Amazon prime, o disponibile nei contenitori analoghi proposti da Sky e Mediaset premium, senza trascurare Raiplay, grazie al quale mamma Rai ha aderito – giustamente - al consumo postdatato. Non è un mistero che queste nuove opportunità di sfruttamento del prodotto audio video stiano penalizzando il cinema, per quanto poi sia un problema principalmente nostro, e poi rimane comunque il principio di arbitrarietà, secondo il quale, ognuno è libero di servirsi dei mezzi che più soddisfano le sue esigenze. Detto questo, c’è modo e modo di affrontare una visione. Il grande schermo conserva un fascino avvolgente non replicabile, senza scordare il potere della condivisione, la possibilità di interloquire sul posto, magari anche con emeriti sconosciuti, instaurando qualcosa di più, come FilmTv.it consente senza avere per forza un rapporto diretto.

Introduzione atto secondo. Il mercato dell’home video non se la passa bene, ma non ha nemmeno i connotati della vittima sacrificale. Certo, chi legge i dati - non solo italiani - non può che notare un’erosione, complice quanto scritto nel capitolo precedente. In ogni caso, non sussiste alcun crollo all’orizzonte. Diminuisce l’acquisto del supporto medio (diciamocelo, spesso di bassa resa), ma cresce la richiesta di prodotti di qualità, un po’ come accade per il vinile in ambito musicale. Principalmente, questi dati fanno riferimento a confezioni steelbook a tiratura limitata da posizionare in bella vista, ma quanto dovrebbe interessare a un cinefilo risiede altrove, ovvero nella possibilità di gustarsi un film sapendo – nel caso dei bluray e del 4k – di poter usufruire della massima qualità e poi, se l’opera merita, lanciare uno sguardo oltre, nei backstage, in focus dettagliati su attori, registi e personaggi che aprono finestre su nuovi mondi cinefili. Da questo presupposto nasce l’articolo che state leggendo. Qui trovate un excursus su Il buio oltre la siepe, ma guardando oltre - per esempio - il bluray italiano di Blade runner ha tre ore di extra da scansionare, con curiosità sterminate (e sì, potrei anticiparvi che Harrison Ford e Rutger Hauer non erano le prime scelte per i rispettivi ruoli). Per cui, la fiducia non si dà a scatola chiusa, ma ogni tanto, almeno ai vostri titoli del cuore che hanno edizioni di alto livello, destinatagli l’attenzione che meritano. È un po’ come andare a vedere in sala un piccolo film editato con sudore da un indipendente, come la Teodora e la Movies Inspired, anche se arrivano con gran ritardo (magari, prima di lamentarvi per una scarsa distribuzione, chiedetegli come funziona). Non disperdiamo invano l’alacre lavoro di chi ancora intende diffondere conoscenza. Se non vogliamo esseri succubi delle grandi firme, premiamo chi si fa un mazzo quadro per fornire un’alternativa.

Atticus Finch. Chi è Atticus Finch? Un uomo di cui si è perso lo stampo – sempre se quest’ultimo è mai esistito -, ancora prima di essere inventato dalla scrittrice Harper Lee nel 1960 e poi riadattato per il grande schermo in Il buio oltre la siepe per la regia di Robert Mulligan nel 1962, un film presentato a Cannes e vincitore di tre premi Oscar. Un uomo sempre posato e moralmente integerrimo, sopra le parti, che come prima cosa mette chiunque al suo pari pur essendo dotato di una rettitudine misconosciuta, comportandosi come se fosse uno tra i tanti. A casa ha due figli piccoli da accudire, ma non si dimentica mai del prossimo, anche quando si tratta della vicina odiata da tutti, alla quale destina una buona parola, quasi stridente. Già, una buona parola non si dovrebbe mai negare a nessuno, ma poi tra le mani ha un caso spinoso, di un negro accusato di stupro ai danni di una donna bianca. Gli uomini del posto vorrebbero linciare il presunto colpevole prima del processo e lui si oppone mettendoci la sua fisicità, senza alcuna paura, d’altronde la sentenza spetta a un tribunale, non alla plebe che nulla conosce oltre a un livore scaturito da un partito preso. Il processo andrà come deve andare, sicuramente non per colpa sua, che ha detto e fatto tutto il possibile per salvare un innocente e il dopo sarà pure peggio, oltre ogni logica. Se la giustizia e la volontà sociale guardano altrove, nessuna anima che aspira a un mondo migliore può esimersi dall’esprimere la propria opinione e difendere chi non ha nessuna colpa, anche – e soprattutto – quando le regole della sana convivenza sono consapevolmente ignorate. In caso contrario, è colpevole allo stesso modo. Poi Il buio oltre la siepe non si accontenta, va oltre la sua figura. Quel finale con Boo Radley, un uomo considerato incapace di intendere e di volere, che sbuca fuori dal nulla, alza ancora di più l’asticella in altri termini. Già allora, Robert Duvall fece capire di avere un talento superiore alla media. Di fronte a certe azioni, frutto dell’amor proprio, non servono tante parole, ogni complemento è superfluo. Basta voler aprire gli occhi. 

 

Gregory Peck, Mary Badham

Il buio oltre la siepe (1963): Gregory Peck, Mary Badham

     

Gregory Peck. Vedere il bluray de Il buio oltre la siepe - disponibile ovunque a prezzi irrisori - permette di approfondire la genesi del film, ma anche di farsi un’idea sull’uomo Gregory Peck. Verso la fine degli anni novanta ha fatto un tour dei teatri americani, per raccontare se stesso, rendendosi disponibile alle domande degli spettatori, con un’autoironia disarmante. Il contributo presente sul disco dura circa due ore e vale tanto quanto il film, se non di più dato che rimane una visione aggiunta, altrimenti non contemplabile. Un uomo anziano, ormai prossimo alla morte (avvenuta tre anni dopo), che si mette a nudo, con un sorriso forte della purezza di chi non ha nulla da temere, che stringe la mano a chiunque, parlando del presente e accettando che il tutto sia ripreso (vedasi l’abbraccio al nipote appena nato). Sa sempre cosa dire con la saggezza di chi ha già compiuto il suo percorso e può dispensare pillole di saggezza sul passato. Tra le tante, ne riporto tre (per le altre, compratevi il blu-ray).

Dopo aver girato Vacanze romane, ha insistito perché il nome di Audrey Hepburn comparisse di fianco al suo, nonostante la reticenza della produzione. Disse che Audrey era destinata a diventare una diva e a forza di insistere fu accontentato. Ci ha visto lungo.

Mentre stava girando MacArthur il generale ribelle, è stato chiamato d’urgenza da sua moglie per chiudere la trattativa per acquistare una villa, che sarebbe diventata la loro nuova casa. Si è presentato vestito da generale e come tale si è comportato, lasciando tutti sbigottiti. Moglie compresa. Ovviamente, la casa gliel’hanno venduta.

In I ragazzi venuti dal Brasile, il personaggio interpretato da Gregory Peck viene azzannato alla gola da un doberman. Tutti lo rassicurarono sul fatto che il cane fosse addestrato per addentare esclusivamente la camicia ma Gregory richiamò all’ordine il regista Franklin J. Schaffner: «se ne sei così sicuro prima facciamo una prova con te al mio posto».

 

Gregory Peck

Il buio oltre la siepe (1963): Gregory Peck

 

Riflessioni conclusive. Grandi personaggi di finzione e grandi uomini. Con questo post non si vuole impartire alcuna lezione, tanto meno politica, solo condividere alcune nozioni e magari coadiuvare un consumo cinefilo e cognitivo meno compulsivo e più approfondito. A vedere più film non si vincono dei premi, mentre volendo provare a capirli si possono spalancare scenari infiniti. Più in generale, è importante aprire gli occhi, non farsi imboccare dagli altri, limitare l’effetto delle bandiere, ragionare e studiare il passato. Chi decide sulle leggi si assume una grossa responsabilità, mentre noi comuni mortali possiamo sbagliare. Ma almeno facciamolo aprendo lo sguardo a 360°, vagliando ogni orizzonte disponibile. A quel punto, saremo dei novelli Atticus Finch e potremo contribuire alla costituzione di un mondo migliore, che oggi non c’è e ieri non c’era.

 

Gregory Peck

Ritratti (1993): Gregory Peck

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