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Il vocabolario dei sentimenti - Amarezza (11)
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C’è quella strana tendenza a considerare le cose del passato migliori di ciò che ci riserverà il futuro, quasi una condanna alla nostalgia perenne di un futuro che non potrà mai emulare i ricordi.

Antonio, Gianni e Nicola, diversi per cultura, estrazione ed ambizioni, hanno fatto la resistenza, hanno contribuito alla nascita della repubblica e si sono contesi Luciana. Si ritrovano dopo venticinque anni di lotte e delusioni, speranze ed amori. La nostra generazione ha fatto veramente schifo, sentenzia Gianni, che forse è quello che dovrebbe porsi più domande: ha scelto di sposare Elide, la burina rampolla di casa Catenacci, famiglia di palazzinari maneggioni e volgari, che ha reso un’algida controfigura dei film di Antonioni e l’ha suggestionata all’idea della morte come sublimazione. Più che la generazione alla quale appartiene, è proprio Gianni a farsi schifo. Ha ritrovato per caso Antonio, che per errore l’ha scambiato per un guardiamacchine. Ha ritrovato di conseguenza Nicola, sempre più pessimista e tragico. E ha ritrovato Luciana, che ha sposato Antonio e veglia assieme a tante famiglie di fronte alla scuola, sperando che i figli riescano ad avere un posto. Per un istante Gianni crede che tutto possa tornare come venticinque anni prima, quando innamorati e felici lui e Luciana giravano in bicicletta e mangiavano al Re della Mezzaporzione. Ci riprova, a forza dei “ti ricordi” tanto cari ai nostalgici. Ma i ricordi sono sbiaditi, rimossi probabilmente per troppo dolore, e riaffiorano senza emozione. Con gli occhi del presente, ciò che accadde in passato è organizzato da Luciana secondo le logiche della consequenzialità: “perché dovevi venire, avevamo litigato” dice Luciana, quando lui si scusa di non averle fatto visita dopo il tentato suicidio di lei; “In tutti questi anni io non ho fatto altro che pensare a te” rivela lui, e viene freddato da un sereno “ma io no!”. È in quel momento che negli occhi di Gianni leggi tutto un mondo che crolla: il mondo dei ricordi, delle presunte possibilità di futuro, delle illusioni d’amore. Ha gettato al vento una vita, l’occasione di poter essere felice con Luciana, ma ha inseguito le materialistiche vie del denaro, e si è dimenticato dell’amore. “Ma io pensavo che un grande amore fosse un grande amore” ammette patetico e candido, ma anche rassegnato. Non gli resta altro che andarsene, sparire, scomparire nel buio della notte mentre nel sottofondo Antonio e Nicola stanno cantando la loro vecchia canzone partigiana.

 

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