Regia di Valerio Zurlini vedi scheda film
E' un film politico: Zurlini inquadra le vicende del rivoluzionario Lalubi (ispirato, a quanto pare, al personaggio reale di Patrice Lumumba, che nel Congo degli anni '60 compì un percorso simile a quello del protagonista di questo film) con l'intento preciso di dar voce alla rabbia dei popoli sottomessi - nel corso della storia ve ne sono in ogni parte del pianeta - a qualsiasi tipo di vessazione e di crudeltà da parte di altri popoli più ricchi e potenti: dalle deportazioni al colonialismo, fino all'attuale dominio armato bianco in terra africana. Lalubi è innanzitutto, però, un martire: il parallelo con Gesù Cristo (già dal titolo) è suggestivo, ma soprattutto richiama le allegorie a cavallo fra religione e politica che tanto piacevano (e in cui così bene riusciva) Pasolini; forse non è un caso che, per interpretare l'italiano Oreste, co-protagonista, sia stato chiamato proprio Franco Citti. Altra menzione importante per il cinema nostrano va fatta per Carlo Lizzani, da sempre impegnato in ambito politico e principalmente sul secondo conflitto mondiale (Achtung! Banditi!, Il gobbo, Il processo di Verona), sempre però dal punto di vista della gente, del popolo inerme, dei partigiani, con un approccio 'sociale' alle vicende storiche. Qui Lizzani produce e la materia sembra in effetti ben aderire alle sue corde: c'è una nazione oppressa dall'invasore, da liberare e riportare alla normalità. Se gli intenti sono buoni, il risultato è discreto, ma senza entusiasmare: si parte con un buon ritmo e dopo nemmeno mezzora il protagonista è già in carcere, dove praticamente si svolgerà la successiva ora di film. 6,5/10.
Lalubi, rivoluzionario africano, è catturato dal regime bianco: la sua pelle scura e le sue idee sovversive gli causano torture, galera (dove conosce e fa amicizia con l'italiano Oreste) e infine la morte, quando Lalubi si oppone strenuamente a ritrattare le proprie opinioni.
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