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L'uomo ferito

Regia di Patrice Chéreau vedi scheda film

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La recensione su L'uomo ferito

di alan smithee
8 stelle

Prosegue la rassegna della Cinematheque de Nice dedicata a tutta l'opera di Patrice Chereau, scomparso pochi mesi orsono.
Henri,  diciottanni,  una famiglia piccolo borghese che lo soffoca come la carta da parati ridondante che ricopre le mura di casa. Timido, senza esperienze di vita, tantomeno sessuali, il ragazzo scopre per caso, accompagnando la sorella in stazione, che nei pressi delle toelette pubbliche, tutta una variegata specie umana si  muove circospetta e bramosa alla ricerca di piaceri nascosti e proibiti. Attratto irresistibilmente da questo misterioso ambiente, Henri rimane stordito e al contempo affascinato dalla figura di Jean, quarantenne molto attraente che lo bacia in bocca alla prima occasione, ed attirandolo a sé come chissà quante altre decine di ragazzi prima di lui. Da quel momento Henri non pensa più ad altro che a quell'uomo: una carogna se ce n'è una, e che non perde occasione per ingannarlo e tradirlo. Ma la passione che il giovane prova per quel laido sfruttatore non ha prezzo né condizione, ed è l'inizio di un viaggio fisico, sessuale e mentale che scandisce le tappe di una isterica storia d'attrazione e di divinazione che non può che risolversi in tragedia.
Chereau mette in scena, con gli ammiccamenti e la teatralità che ben gli si addicono, la deriva dei sentimenti di un giovane che spende la propria verginità al sevizio di un mercenario approfittatore che lo sfrutta e lo usa con l'inganno e il proprio indiscutibile appeal. "L'uomo che non deve chiedere" vs. il servo obbediente e consenziente, che saprà tuttavia ribaltare i ruoli divenendo da vittima a carnefice. Il piacere dei sensi come ragione di vita contro il tedio e il vuoto della vita quotidiana: temi ora alla base di tutta l'opera dell'austriaco Ulrich Seidl, che trovano in Chereau un coraggioso anticipatore, in un film che non cerca facili consensi, un'opera di cui molti hanno parlato, ma effettivamente vista da pochi. Per questo sicuramente un cult. Jean Hugues Anglade inaugura con questo ruolo uno dei molti personaggi inquieti (e svestiti) della sua interessante carriera, mentre Vittorio Mezzogiorno, carogna laida, infida e traditrice, e' bello, pertinente ed irresistibile come mai fino ad allora, e qui impegnato in uno dei ruoli più significativi ed ambiziosi di tutta una notevole carriera finita davvero troppo presto.

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