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Ma' Rosa

Regia di Brillante Mendoza vedi scheda film

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La recensione su Ma' Rosa

di supadany
7 stelle

Tff 34 – Festa Mobile.

La vita di tutti i giorni può sopravanzare anche la più architettata delle fiction, tanto più quando si parla di zone ad alto rischio povertà e criminalità, con inevitabili compromessi quotidiani, il fiato sul collo e solo una cosa chiara: la sopravvivenza della famiglia alloggia al primo posto.

Con Ma’ Rosa, Brillante Mendoza conferma di sapersi incuneare nell’ordinario vivere più duro, mostrando un percorso altrove già visto, ma con uno sguardo interno probabilmente senza precedenti.

Nei bassifondi di Manila, Ma’ Rosa (Jaclyn Jose) e suo marito Nestor (Julio Diaz) sbarcano il lunario sommando all’attività del loro piccolo negozio, lo spaccio di droga al dettaglio.

Quando in seguito a una retata vengono arrestati, sono messi alle strette; devono fare i nomi di chi si trova sopra di loro nella catena della distribuzione di stupefacenti, ma anche trovare un’importante somma di denaro per riconquistare la libertà senza passare dal via. Tutti e quattro i loro figli sono pronti a fare la loro parte.

 

Jaclyn Jose

Ma' Rosa (2016): Jaclyn Jose

 

Il meccanismo narrativo proposto da Brillante Mendoza genera un flusso che, una volta innescato, non concede tregua, impiantato saldamente sempre nel centro del ciclone.

Un’area di sviluppo che vede il nucleo familiare - inteso come organo da tutelare internamente, l’unica cosa per cui valga la pena affrontare ogni tipo di ostacolo – scontrarsi con la polizia, o meglio la corruzione e la prevaricazione che contraddistinguono chi ha il coltello dalla parte del manico.

Tutti sono sotto lo stesso cielo; dopo il più forte, ha la meglio il più furbo, qualche speranza ce l’ha anche chi arriva per primo sul pezzo, mentre gli altri possono solo sperare di salvarsi in qualche modo, trovando quelle energie residue che solo l’affetto più profondo può produrre.

Nel bel mezzo di un asse narrativo essenziale e crudele, spiccano alcune sequenze di ottima fattura pur senza aggiungere alcun surplus tecnico, con uno sguardo da occhio invisibile, da presa diretta che segue irruzioni e pestaggi, un lungo interrogatorio e un parallelo droga party, mentre il tempo scorre e l’ansia cresce.

Se l’avidità con la quale gli agenti si spartiscono la torta appena conquistata ha l’approccio - che fa male - della normalità più sconfortante, tra i poveri ogni azione è valida per tutelare la famiglia, con la sopravvivenza che rimane obiettivo primario e una rete attorno che può trasformarsi nell’ultima scialuppa di salvataggio da non mancare.

È così che si respirano la tensione della perenne guerra tra poveri e l’arrivismo delle autorità, in una lucida e concitata visione neorealista che non ha bisogno di inventare nulla; il vivere quotidiano ha già abbastanza degrado da proporre e una notte è l’arco narrativo ideale per serrare i tempi, togliendo la possibilità di tirare il fiato.

Quando un esempio estremo di resilienza diventa protagonista di un documento filmato che a sua volta è anche uno spaccato del reale.

Una poetica preziosa.

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