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American Fable

Regia di Anne Hamilton vedi scheda film

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La recensione su American Fable

di maurizio73
5 stelle

Storiella edificante, dove i piani di realtà, fantasia e allegoria si rincorrono senza tregua e dove i personaggi reali di una vicenda drammatica dal sapore epocale finiscono per corrispondere ad altrettante figure di un immaginario fanciullesco popolato da orchi buoni, streghe cattive, crudeli apprendisti stregoni e indecisi cavalier serventi.

L'uomo misterioso che viene tenuto segregato all'interno di un silos della fattoria del padre ha in qualche modo a che fare con le difficoltà economiche che sta attraversando la sua famiglia, con la inquietante presenza di una forestiera in visita presso di loro e con gli appelli televisivi lanciati da una anziana signora in cerca del fratello scomparso. Quello che la undicenne Gitty scoprirà frequentandolo quindi, la metterà di fronte alla prima scelta importante della propria vita.

 

locandina

American Fable (2016): locandina

 

Se il racconto di formazione del terzo millennio deve tentare strade nuove ed originali per riscattare la sua tradizionale vocazione ad un cinema di massa e di genere, è anche vero che questo rimane appannaggio per lo più di produzioni indipendenti e opere prime in cerca di una immediata visibilità critica e facile presa presso un pubblico più vasto possibile.
I prevedibili risvolti di questa tendenza a frequentare i piani nobili del cinema d'autore si risolvono per lo più nel richiamo a soggetti dalla forte impronta letteraria, magari con una strizzatina d'occhio agli evergreen di Mark Twain (Mud - 2012), piuttosto che alle bizzarre contaminazioni sci-fi che suggeriscono accattivanti scenari pseudo-post-apocalittici alla Jack London (Captain Fantastic - 2016) o addirittura allegorie cristologiche di abbacinanti figli delle stelle da portare in salvo al prezzo della vita (Midnight Special - 2016). La Hamilton invece decide di scopiazzare Ammaniti (ogni soggetto è bello a mamma soja), ma lo fa con stile, calando la sua giovane e sognatrice protagonista nelle atmosfere favolistiche di un medioevo neoliberista governato dalle oscure forze di un Dio denaro che principia col minacciare l'idillio rurale della propria famiglia e finisce per corromperne la salda onestà di una inossidabile fede puritana. Il risultato è una storiella accattivante ed edificante, dove i piani di realtà, fantasia e allegoria si rincorrono senza tregua dall'inizio alla fine e dove i personaggi reali di una vicenda drammatica dal sapore epocale finiscono per corrispondere ad altrettante figure di un immaginario fanciullesco popolato da orchi buoni (il prigioniero), streghe cattive (la forestiera), crudeli apprendisti stregoni (il fratello) e indecisi cavalier serventi (il padre). Tutto funziona bene per carità, forse troppo, ben sorretto da uma messa in scena che si regge sulla splendida fotografia Wyatt Garfield, l'incessante commento musicale di Gingger Shankar e il candore 'senza paura' di una giovanissima protagonista che si confronta con ingenuità e onestà con le sfuggenti realtà del bene e del male, pronte ad annidarsi nei luoghi inaspettati di un focolare domestico dove si cova la vendetta sociale od in quello di un antro oscuro e minaccioso in cui si coltiva l'amicizia intergenarazionale. I limiti del film, va da sè, stanno nel suo rassegnarsi al compitino di una storia di formazione che non calca mai la mano sulla insinuante duplicità della natura umana (il padre resta buono, il prigioniero non è mai stato cattivo), nel buonismo d'accatto di un contesto sociale dove i padroni tornano in macchina ad elargire prebende alla propria coscienza di uomini d'onore e nel tradimento di un'anima thriller che non mantiene le sue promesse di crudele realismo, a forza di sussulti telefonati e finali precipitati. Per un nuovo Guillermo del Toro del Nord America, fusse che fusse dell'altro sesso, mi sa che ci tocca ancora aspettare.
Nomination per la regia femminile di Anne Hamilton al Gamechanger Award del SXSW Film Festival 2016, dove a spuntarla è però la Sophie Goodhart della commedia My Blind Brother.

 

« My 'father' said that I never should
Play with the gypsies in the wood,
The wood was dark; the grass was green;
In came 'Gitty' with a tambourine.»

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