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In guerra per amore

Regia di Pierfrancesco Diliberto vedi scheda film

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La recensione su In guerra per amore

di mc 5
10 stelle

Il mio giudizio sul primo lavoro di Pif fu senz'altro positivo, pur con qualche debole riserva, ma nel complesso era un sì. Stavolta invece il mio consenso è pieno, la mia soddisfazione è completa. Credo che il giovane autore abbia fatto (e stia facendo) uno sforzo evidente per migliorarsi. Perchè poi qui ci sarebbe una parentesi da aprire. E' cosa risaputa che il giovanotto in questione deve la sua affermazione popolare al mezzo televisivo (vedi l'esordio con le Iene ma soprattutto quegli spot dei telefonini che -non posso esimermi dal dirlo- mi avevano frantumato i coglioni all'inverosimile). Beh, succede ad un certo punto che il giovanotto (sempre lui) si mette in testa di voler debuttare nel cinema, sia come attore protagonista sia proprio come autore di progetti, come scrittore di cinema. E qui casca (in senso positivo) l'asino. Nel senso che il nostro giovanotto mira in alto. Chi sa un po' come girano le cose dalle parti della commedia italiana è in parte rassegnato ad un andazzo che pare immutabile e ad un sottobosco di comici (per lo piu' di provenienza televisiva) che popolano una certa (non la volevo dire -lo giuro- questa parola) "mafia" dello show business che fa capo ad aluni (che è poi uno solo ma non sottilizziamo) boss-manager che ormai si sono accapparrati tutti i divi della comicità italica. E allora lo scenario è popolato solo da un piccolo esercito di comici (facciamo i nomi e i cognomi, no problem, dai Bisio alle Littizzetto passando per i terribili Paolo & Luca, ma infiliamoci pure i sempiterni Luca Argentero e la NON attrice Ambra Angiolini) che dunque imperversano in commediole insipide che spesso assumono i connotati -per me incomprensibili- di "cinepanettoni progressisti", praticamente una sorta di ribaltamento del Vanzinismo ma altrettanto nauseante. Tutto questo pippone per dire che PIF (sia lodato Gesù Cristo) esula totalmente da queste logiche sia artistiche che commerciali. La voglio buttare sulla psicanalisi. E' come se Pif volesse scontare un peccato originale e dicesse (idealmente) "Signori io faccio i cazzo di spot per mangiare, ma io di cinema ho un'idea alta e, a costo di sembrarvi pretenzioso, voglio chiarire che i miei riferimenti e le mie ispirazioni sono elevati. Caro Pif, ebbene, messaggio ricevuto, abbiamo incassato e ne siamo compiaciuti. Che di comici cazzoni ne abbiamo le palle piene, soprattutto se accampano questa sorta di retrogusto "alla Benni" anche se poi si spartiscono il malloppo con agenti padri-padroni-padrini del settore. Scusate ma dovevo togliermi dei sassolini dalle scarpe. Per capire il senso del mio pippone basta aprire gli occhi su un film che Pif ha voluto dedicare ad Ettore Scola. Che Pif ha voluto farcire di ispirazioni adorabili alla stagione gloriosa del nostro neorealismo. Che Pif ha popolato di impagabili volti siculi (macchiette e caratteristi come se piovesse!) che rimandano spesso ad un immenso unico volto del cinema italiano, quello del monumentale Saro Urzì (giù il cappello!). No, dico, vogliamo continuare? Ma sì, continuiamo. Per esempio col tormentone (puro genio) dell'Asino Che Vola (datemi pure del matto ma a me ha ricordato una certa chiave da "MIracolo a Milano"), poi il bambino che corre (Truffaut, ci può stare?) e Pif sulla panchina (Zemeckys-Gump ci può stare?). Insomma mi pare chiaro che Pif sia uno su cui si possa contare, anche se non fa Benni a teatro e non si atteggia a rifondarolo per poi fare al cinema l'antivanziniano. Il film in oggetto è una delizia a mio avviso squisitamente neoiealistica, ridondante di volti e di caratteri che titillano il cinefilo specie quello che come me ha lasciato il cuore nel cinema di commedia italiano degli anni d'oro (Saro Urzì, ti cito di nuovo). E' un vortice di ispirazioni meravigliose che hanno i volti di caratteristi impagabili. Rivediamo scorrere la nostra storia di Paese che è diventato quello che è perchè costruito nelle sue fondamenta politico-sociali sull'Alleanza (Santa) tra Mafia e Democrazia Cristiana (i nomi dei partiti sono ora cambiati, grazie a Mani Pulite, ma l'humus corruttivo rimane uguale, e la Mafia, beh quella regna ancora più ricca che mai). Ed è chiaro che questo discorso a Pif preme parecchio: basta concentrarsi sul monologo finale dove si pone attenzione alla consacrazione di Cosa Nostra sul suolo italico in uno sventolare di stendardi democristiani. Bravo Pif. Bravo Andrea Di Stefano (che si conferma grande uomo di Cinema). Brava (e bella come un angelo del paradiso) Miriam Leone. Applausi per tutti. Sono buoni segnali: dopo un film italiano minimale ma gradevolissimo come "Piuma" eccone a ruota un altro ancor piu' sostanzioso e sostanziale. Alla faccia di chi dico io.

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