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Regia di Jerzy Skolimowski vedi scheda film

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Utente rimosso (PoorYorick)

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La recensione su 11 minuti

di Utente rimosso (PoorYorick)
7 stelle

Quante cose possono succedere in 11 minuti? Quante vite possono inconsapevolmente incrociarsi e collidere all’interno di un’unica piazza? Sette, otto, nove o più trame compongono questo mosaico di umanità varia, così apparentemente distante ma fisicamente fin troppo vicina. Un’attrice, appena sposata con un uomo gelosissimo, deve fare un provino con un produttore che vuole solo portarla a letto. Un pedofilo venditore di hot dog prima di chiudere il suo chiosco serve un gruppo di suore golose. Una punk con l’immancabile cane non sa dove andare perché ha appena bruciato la casa dell’ex. Il personale di un’autoambulanza deve soccorrere una partoriente e si trova a fronteggiare un pazzo nel degrado di una palazzina popolare. Un motociclista cocainomane finisce preda delle sue allucinazioni. Un manutentore delle strutture di un albergo e la sua ragazza valutano se accogliere un attore porno nella loro prossima escursione in montagna. Un ragazzo in paranoia decide di fare una rapina. Un pittore viene disturbato da una troupe cinematografica. Un autobus di linea pieno di passeggeri vorrebbe proseguire tranquillo la sua corsa… Molteplici vite incastrate in un perfetto congegno a orologeria, tutte dentro un’incredibile e tragica “arancia meccanica” che dura, per ognuna di esse, solo 11 minuti.

Grandissimo omaggio al cinema di Brian De Palma11 minut si apre come Redacted, mostrandoci solo riprese da dispositivi “privati” (cellulari, webcam, videocamere di sorveglianza), e si chiude come Femme fatale, da cui riprende le imprevedibili traiettorie del destino; due estremi che servono a contenere un concentrato di idee e cinema in puro stile Skolimowski. I tanti personaggi si sfiorano con le loro storie e ogni passaggio tra queste storie finisce per riposizionare le lancette dell’orologio in un minuto diverso dal precedente. Il tempo perde così la sua categorica dimensione logica, come mostra l’indugiare della macchina da presa su una goccia d’acqua che irrazionalmente risale il muro fino a rientrare da dove era uscita. La rete che collega e imprigiona queste vite, invece che dipanarsi, si infittisce in un montaggio sempre più serrato che prelude all’esplosivo finale, sullo sfondo di una Varsavia mai vista, irriconoscibile, tra quartieri popolari, ville di lusso, moderni svincoli stradali e grattacieli “americani”, in cui ogni rumore, ogni suono ha un suo preciso significato. 

Un marito geloso che perde la testa, l'attrice sexy che l'ha sposato, un viscido regista di Hollywood, un incauto corriere della droga, una giovane donna disorientata, un ex galeotto venditore di hot dog, uno studente travagliato con una missione misteriosa, un lavavetri di grattacieli che si prende una pausa di troppo, un ex disegnatore di identikit per la polizia, una frenetica squadra di paramedici e un gruppo di suore affamate. In undici minuti le loro vite saranno sconvolte in modo tragico.

Esemplare esercizio di stile, capace di unire alla componente ludica e spettacolare interessanti riflessioni sulla contemporaneità e il suo rapporto con le immagini. Skolimowski è tornato a girare in Polonia, ambientando il suo film a Varsavia, per raccontare la precarietà del presente, di un mondo regolato dal caso e funestato dall'idiozia e dalla bestialità sopita e annichilente degli esseri umani, inevitabili preludi alla catastrofe. Un ritratto antropologico inquietante a cui è affiancato un potente ragionamento sulla rappresentazione ai tempi del terzo millennio, affidata a un vortice visivo stordente, vera e propria vertigine immaginifica funzionale nella resa di un senso di smarrimento endemico, di una perdita di punti di riferimento che caratterizza una società destinata a collassare su se stessa, ossessionata dalla necessità di apparire finendo con il mostrare spesso e volentieri la parte peggiore di ciascun individuo. Acuta lezione di cinema, grazie a una messa in scena capace di mantenere costantemente alta la tensione e di amalgamare gli stilemi del genere thriller con riflessioni metatestuali non banali, l'opera di Skolimowski può apparire un po' schematica e cervellotica in alcuni passaggi, ma appassiona e scuote per la sua forza espressiva il cui apice è raggiunto dalla spettacolosa sequenza finale. 

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