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Il club

Regia di Pablo Larrain vedi scheda film

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La recensione su Il club

di maurizio73
6 stelle

Larrain dipinge un purgatorio terreno dove l'espiazione delle colpe è una chimera irraggiungibile e dove la concessione ai piaceri carnali è l'unica soluzione possibile per chi ha scoperto che il buon nome della Chiesa non vale affatto la ricerca di Dio.

Dopo il suicidio di un sacerdote appena arrivato nella casa di penitenza dove altri quattro suoi ex colleghi stanno espiando gravi crimini contro la legge e la morale, lo psicologo gesuita Padre García viene inviato per indagare sulle loro reali responsabilità e chiudere definitivamente la struttura. Scoprirà che la verità è sempre un'arma a doppio taglio.

 

locandina

Il club (2015): locandina

 

Dal pretesto quasi surreale di un eremo di espiazione quale ultima roccaforte di un'abitudine al vizio ed ai piaceri materiali dura a morire, prosegue il discorso di Larrain sul controcanto di un paese che sembra coltivare in sè le contraddizioni e le miserie di una umanità così particolare eppure così tragicamente universale. Sempre ancorato alle logiche di una narrazione minimale che scandisce le squallide vicende di un realismo sociale e storico che brucia dentro come l'insanabile ferita di un tradimento generazionale (Tony Manero, Post Mortem), il regista cileno punta al cuore nero di una delle istituzioni che non solo non alzò una voce chiara contro l'abominio e la persecuzione, ma ne agevolò e giustificò i crimini, salvo relegare poi i propri corrotti emissari nel limbo di un esilio fisico e spirituale che ne rimuovesse definitivamente il peso dalla coscienza, occultandone le colpe laddove nessuno le potesse finalmente scoprire. Pur nelle cotraddizioni di una storia esemplare che appare forzata sul versante della credibilità e del realismo, ma puntando piuttosto alle astrazioni ed ai simbolismi di un processo psichico di rimozione e mistificazione di una realtà crudele fino al paradosso, il processo psicoanalitico messo in campo dall'ambiguo gesuita di nomina vaticana è lo straordinario espediente di una razionalità che sembra farsi strada attraverso le perversioni e le debolezze della natura umana, facendo sedere sul lettino di rito una triste galleria di personaggi mostruosi e grotteschi, ciascuno a suo modo colpevole di un crimine che non riconosce veramente come tale (la perpetua cui è stata tolta la podestà genitoriale, il cappellano militare testimone degli omicidi politici, il prete rapitore di bambini desaparecidos, quello omosessuale e perfino l'anziano prelato in declino cognitivo di cui non si osa nemmeno sapere che colpe abbia avuto), tutti arroccati in difesa di un personale privilegio materiale che non esita a contestare allo stesso inquisitore che glielo vorrebbe togliere ("Lei che è un burocrate del vaticano...che viaggia in prima classe...che alloggia in alberghi a 5 stelle...che compre nei freeshop...Da quanto tempo non sta in una parrocchia?"). Un film che trova spessore quindi, non tanto e non solo nel dramma morale di una nazione tormentata dai fantasmi del proprio passato e dalle contraddizioni del proprio presente, ma soprattutto nella trama di un ordito psichico che si fa via via sempre più compiuto e intellegibile e dove il triste baratto di una contrattazione morale e politica finisce per addossare la colpa sull'agnello sacrificale della tradizione biblica che viene debitamente accomodato nella tana del lupo dei suoi crudeli e reietti carcerieri. Insomma tra l'esca di addestramento di un levriero tenuto a debita distanza ed un finale di sordida ironia a base di psicofarmaci ed ansiolitici, Larrain dipinge un purgatorio terreno dove l'espiazione delle colpe è una chimera irraggiungibile e dove la concessione ai piaceri carnali è l'unica soluzione possibile per chi ha scoperto che il buon nome della Chiesa non vale affatto la ricerca di Dio. Encomiabile la prova degli attori, con speciale menzione per il dolente e disperato Sandokan di Roberto Farías e le tenere contraddizioni sentimentali del Padre Vidal di Alfredo Castro. Premiato con l'Orso d'Argento - Gran Premio della Giuria al Festival di Berlino 2015 e rappresentante per il Cile agli Oscar 2016.

 

"Ecco l'agnello di Dio

che toglie peccati del mondo...
Ecco l'agnello che nessuno lo può salvare.
Perduto nel deserto,
che nessuno lo può trovare.
Ecco l'agnello di Dio senza un posto dove stare.
Ecco l'agnello di Dio senza un posto dove stare."

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