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L'ultimo Apache

Regia di Robert Aldrich vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su L'ultimo Apache

di Ethan01
8 stelle

Nel 1886, alla resa di Geronimo, il giovane guerriero Massai (Burt Lancaster) rifiuta di arrendersi ai bianchi e di seguire il suo capo in una riserva indiana in Florida. Rimasto solo, decide dunque di impugnare il fucile e di iniziare la sua guerra personale contro gli invasori bianchi.

Tra le numerose pellicole di genere western sfornate dall'industria hollywoodiana in quegli anni, "L'ultimo Apache" è un'opera che riveste un ruolo fondamentale: e ciò sostanzialmente per due ragioni, che illustreremo di seguito.

In un periodo in cui per il cinema americano "l'unico indiano buono era quello morto", un film come "L'ultimo Apache", in cui il punto di vista non è più quello dei bianchi, e il protagonista è un fiero ed indomito pellerossa che non vuole arrendersi alle violenze e alle prevaricazioni che i bianchi hanno inflitto alla sua gente, si pone in una prospettiva assolutamente innovativa (anche se non si può negare che ad Hollywood dei western filo-indiani c'erano già stati, come ad esempio "L'amante indiana" di Delmer Daves, "Il passo del diavolo" di Anthony Mann, e in parte anche "Il massacro di Fort Apache" di John Ford).

In secondo luogo, la pellicola in questione ha avuto il grande merito di rivelare il talento di Robert Aldrich, uno tra i maggiori innovatori del cinema americano degli anni cinquanta, la cui poetica "della disfatta e del furore" ha indubbiamente influenzato e ispirato diversi cineasti che verranno, come ad esempio lo stesso Sam Peckinpah, per quanto riguarda il genere western.

Sceneggiato da James R. Webb, e sorretto dalla regia vigorosa e barocca di Aldrich, "L'ultimo Apache" è anche un eccellente film d'azione, spettacolare e incalzante per tutta la sua durata, quasi del tutto privo di cedimenti (se non, forse, nella parentesi amorosa tra i due protagonisti, in cui si nota qualche leggera caduta di tono).

Magnifico Burt Lancaster, che nel ruolo del solitario Massai, guerriero valoroso e implacabile, determinato a morire combattendo piuttosto che a piegarsi alla presunta "civilizzazione" imposta dai bianchi, offre una delle sue interpretazioni più incisive; ottimo poi l'apporto dei comprimari, ovvero John Dehner, John McIntire e un giovane Charles Bronson (accreditato come Buckinsky).

Superlativa la fotografia di Ernest Laszlo, non all'altezza invece la colonna sonora di David Raksin. Il lieto fine, che può apparire piuttosto sbrigativo e consolatorio, venne a quanto pare imposto dalla produzione: sia Aldrich che Lancaster avrebbero voluto un finale più amaro.

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