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La legge del mercato

Regia di Stéphane Brizé vedi scheda film

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La recensione su La legge del mercato

di Mulligan71
8 stelle

La crisi del lavoro, la crisi sociale, è arrivata, dirompente, non solo da noi, ma in tutta Europa, Francia compresa. Il mercato del lavoro si è fatto ancora più feroce e sotto le sue pragmatiche zanne si dibattono gli esseri umani, in tentativi di vita, troppo spesso al limite di una drammatica sopravvivenza. Se siamo un po' orfani del miglior cinema sociale di Loach o di Leigh, se i Dardenne hanno provato a raccontarcene i meccanismi nel loro discreto ultimo film, direi che quest'opera di Brizé centra perfettamente il bersaglio. Lindon è encomiabile nel tratteggiare quest'uomo di mezza età, con il futuro decapitato da un licenziamento che lo ha segnato profondamente, complice, anche, la preoccupazione per un figlio disabile a cui dover badare. Il film ha la straordinaria capacità di non urlare la rabbia, l'acredine, di non reggersi sopra nessun nervo teso, di non solleticare il pubblico a una facile indignazione, ma, invece, lavora in sottrazione, graziato davvero da un'interpretazione perfetta di Lindon. Il suo personaggio, pedinato con discrezione, è un essere umano che vede, poco a poco, messa in discussione principalmente la sua dignità personale, fra colloqui di lavoro stranianti e burocrati bancari, e che nasconde, sotto un volto scavato e doloroso, tutta la disperazione per una vita senza sbocco. Quando viene assunto in un grande supermercato, paradigma di tutte le solitudini e di tutti i grandi mali del capitale, dove viene costretto, per sopravvivenza, a spiare clienti e colleghi, Thierry/Lindon ha quel sussulto vitale che riscatta non solo la sua sopravvivenza ma quella, civile e giusta, di chi chiede lavoro ma, soprattutto, dignità. Sta qui la grandezza di quest'opera, che parla di diritti e di lavoro, di crisi morale e sociale, certo, ma dove è messo in primo piano l'uomo, la persona, come unica arma per sconfiggere un sistema di regole e compromessi sempre più stringenti. Un film solo in apparenza statico, dove invece ogni sguardo e ogni gesto ci raccontano quello che non vorremmo mai vedere. Un lavoro di grandissima forza morale, decisamente più riuscito del film dei Dardenne. Semplicemente magnifico.

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