Espandi menu
cerca
Le ricette della signora Toku

Regia di Naomi Kawase vedi scheda film

Recensioni

L'autore

koreeda

koreeda

Iscritto dal 1 marzo 2010 Vai al suo profilo
  • Seguaci 2
  • Post -
  • Recensioni 6
  • Playlist -
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Le ricette della signora Toku

di koreeda
5 stelle

Kirin Kiki

Le ricette della signora Toku (2015): Kirin Kiki

Siamo in primvera. In un tranquillo quartiere residenziale comune a Tokyo, lungo un viale di ciliegi in fiore, Sentaro apre svogliatamente il suo baracchino. L'uomo vende dorayaki, tipici dolci di pastella ripiena di marmellata di azuki o an, fagioli rossi molto zuccherini e pastosi. In realtà i clienti sono pochi. Solo qualche ragazzina chiassosa all'uscita di scuola si ferma da lui per mangiare la sua specialità. Poi c'è Wakana, un'adolescente sola, timida, a cui di solito dona i dolci mal riusciti perchè li porti a casa.

Un giorno una strana vecchina, sussultante nel parlare, esitante, che si ferma a contemplare a lungo i ciliegi e la loro magnifica fioritura, chiede di poter lavorare da lui e di prepararagli la marmellata di an, ingrediente essenziale, che lui di solito compra all'ingrosso.

 

 

scena

Le ricette della signora Toku (2015): scena

 

 

All'inizio Sentaro tergiversa, ma alla fine decide di assumerla. La sequenza della preparazione della marmellata domina questa prima parte del film, con ritmi lenti, distesi, ma anche precisione e tempi di montaggio accurati. L'anziana, che si chiama Toku,  spiega la sua filosofia animista, di cui è intriso tutto il cinema della Kawase da Moe no Suzaku in poi, fino a Mogari no mori (the mountain forest) e Still Water. Il lavaggio, la risciaquatura, la bollitura dei fagioli sono scanditi perfettamente dai dialoghi tra Sentaro e Toku, tutta la laboriosa preparazione rappresentano il senso di ogni lavoro, la capacità di ascoltare ciò che la materia e la natura stessa hanno da raccontarci. Tutto ciò che facciamo, ogni attività, per riuscire bene, deve essere pervasa di comprensione e pazienza e di amore per quello che stiamo realizzando. Come prevedibile,  i dorayaki di Toku avranno un immediato successo. Fino a qui il film risulta una tradizionale mescolanza tra immagini poetiche di alberi che stormiscono e fiori candidi e la storia del film di cucina, in cui ad avere la meglio è la saggezza e l'esperienza della signora, che educa il giovane principale a trovare la sua strada. Il titolo italiano stesso è fuorviante e vorrebbe portarci in questa unica direzione. A poco a poco, però il film si trasforma in un racconto sull'incontro tra tre persone, che ognuna a suo modo si trova emarginata e isolata da una società che non è affatto tenera con chi è diverso o in difficoltà. Toku in realtà vive in un sanatorio per malati di lebbra, che una legge del dopoguerra aveva costretto a vivere in quarantena. Sentaro lavora nel baracchino di dorayaki per ripagare un debito, dopo che è stato in prigione a lungo per aver ucciso un uomo, la giovane Wakana non riesce a comunicare con la madre, che non le presta attenzione e non la comprende e vorrebbe andarsene di casa. Toku diventa la madre che Sentaro e Wakana non hanno mai avuto (la maternità mancata è un altro tema dominante nel cinema di Kawase). Toku, in effetti, è caratterizzata, forse anche il doppiaggio non aiuta, come una donna curiosa, invadente, all'inizio.  I continui sospiri, il modo di parlare inframmezzato da risatine d'imbarazzo, il modo calcato in cui presta attenzione alle voci del mondo della natura, a volte risultano davvero un po' sciocchi, quasi fastidiosi. Kiki Kirin, sa come impreziosire la sua presenza, ma la scelta della regista in certi momenti appare poco azzeccata. Lunghe inquadrature indugiano sui dettagli delle stagioni, interrompendo la narrazione, rallentandola, quasi lo sguardo fosse in estasi. Non c'è musica, solo lo stormire e il frusciare degli alberi. La denuncia della grettezza e della meschinità degli uomini si perde per diventare un canto all'armonia e alla bellezza. Non sempre però il lirismo e si tramuta in sentimento ed emozione autentica. Nessuno dei protagonisti prova rabbia o risentimento per essere stato relgato ai margini. Forse Sentaro è il più credibile da questo punto di vista e qualche moto d'indignazione lo prova. Il negozietto è stato, seppur per breve tempo, un 'isola, un rifugio felice, in cui i personaggi si sono ritrovati, si sono ascolati e hanno finalmente trovato la loro voce. Il dubbio è che Kawase, autrice di solito dal taglio documentaristico e abituata a parlarci di donne profondamente in contatto con una realtà naturale che le avvolge e le domina, questa volta non riesca del tutto a trovare il suo vero respiro. In alcuni istanti mostra  delicatezza e la sensibilità eccezionali di cui sa dar prova,  in altri finisce per diventare, come la marmellata di an appunto, leggermente, forse inevitabilmente stucchevole. 

 

 

 

Kirin Kiki

Le ricette della signora Toku (2015): Kirin Kiki

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati