Regia di Gavin Hood vedi scheda film
Messa in scena di uno dei piu classici dubbi morali, (agire ed uccidere consapevolmente e volontariamente, o non agire e lasciare che si compia una strage?) questo film ci parla pero' anche di altro: di distanza. Articolato in diverse località del mondo, sono però tutte commesse da mega schermi, tutto è in diretta e in simultanea ma allo stesso tempo lontanissimo. Le decisioni di vita o di morte avvengono a centinaia di chilometri dall'obbiettivo e questo disumanizza l'evento fino a ridurlo a cavillo legale, risvolto politico mediatico o fredda percentuale di danno collaterale. Quando alla fine i piloti escono dalla cabina di pilotaggio del drone (l' occhio del titolo originale) si ha un effetto straniante, sfiniti e provati come se fossero stati sul luogo, escono invece da una saletta che forse altro non era che un supercinema, Stremati esattamente come lo spettatore verso la fine del film. Impossibile non notare un filo di macabra ironia e cinismo nella bambola regalo o nel gamberetto avariato, come nella scelta di inventarsi lo scarabeo e il passero drone (altri esempi della pervasività dell'occhio), volutamente forzati.
Il registro è anti spettacolare, equi-distante (ancora una volta) dalle parti, che lascia lo spettatore nel mezzo del dubbio senza dargli appigli o vie di uscita facili. Un cinema quasi da camera, (dove l'unica nella quale non entriamo mai fisicamente è quella dei terroristi), un testo adattissimo per una trasposizione teatrale. Il ralenti sui titoli di coda è diversamente interpretabile, presa di posizione del regista sulla vicenda o presa in giro dello spettatore?
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