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Citizenfour

Regia di Laura Poitras vedi scheda film

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La recensione su Citizenfour

di FilmTv Rivista
7 stelle

Nel 2013, Laura Poitras - documentarista figlia del cinema diretto americano, dello sguardo sulle cose, nelle cose, di D.A. Pennebaker, Richard Leacock, Robert Drew - è al lavoro da due anni su un film sui sistemi di controllo della National Security Agency. Il trauma dell’11 settembre 2001, l’estensione del Patrioct Act, il conseguente accesso delle intelligence americane a dati sensibili di cittadini e non cittadini, in ottica di una guerra preventiva, sul territorio, al terrorismo. In quei giorni del 2013, mentre il documentario si sta definendo, la Poitras viene contattata da un whistleblower, gola profonda dei sistemi di controllo, pronta a rivelare dettagli qualitativi e quantitativi sul libero accesso della NSA alla vita tracciata e connessa di ognuno, tra telefonate, email, ricerche su Google, pagamenti con carta di credito, prelievi da bancomat. Quella persona, citizenfour, è Edward Snowden. «Voglio che tu dipinga un ber­sa­glio sulla mia schiena», dice alla Poitras, conscio di stare per sacrificare se stesso nella lotta per un diritto umano dimenticato. La regista lo incontra mentre cerca di fare la Storia nella clandestinità di una stanza d’albergo a Hong Kong, mentre spiega ai giornalisti Glenn Gree­n­wald e Ewen MacA­skill la prassi della NSA, mentre consegna loro i file che scateneranno il Datagate. Citizenfour è il ritratto di questo gracile e biondo ventinovenne, a cui in questi giorni han dedicato una statua abusiva a New York e che si è dichiarato non totalmente al corrente del contenuto dei documenti rivelati, nel momento in cui sta infrangendo la legge nel nome di un ideale, mentre sta per raccogliere le conseguenze private di una scelta politica. Il film è il controcanto al presente, in diretta e di parte, della storia elaborata col senno di poi dai media di ogni dove, la risposta al ciarlare su Snowden e sul suo gesto. L’ago della bilancia tra la paranoia come Zeitgeist e l’abuso del potere, tra Democrazia e segreto secondo Norberto Bobbio e la longa manus del Grande fratello di George Orwell. Un grande film contemporaneo, che non ha nemmeno il tempo di lavorare sulla forma, che guarda con occhio scarno e ritmo espositivo, e che (proprio come Blackhat, ma anche Interstellar) cerca di comprendere l’uomo mentre il suo linguaggio s’inoltra in opaci tecnicismi, riuscendo a essere uno sconcertante, tesissimo racconto di genere dal vero, una versione scandalosa perché reale di Minority Report, di Eagle Eye. E anche un film che ci ricorda quanto sia importante, oggi che si sta annullando nell’instant reportage, nel gossip, nella pubblicità, nel “pezzullo” non pagato, il giornalismo. Premio Oscar per il documentario 2015.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 15 del 2015

Autore: Giulio Sangiorgio

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