Regia di Don Siegel vedi scheda film
Sorta di falso noir, checché voglia dire tale espressione, che porta i suoi personaggi a zonzo (e a gran velocità) per le polverose strade messicane. Dirige Don Siegel, qui al suo secondo lungometraggio, e non delude affatto. VOTO: 7½
Il sottotitolo di questo film dovrebbe essere: “Come portare on the road sulle polverose strade del Messico un film noir e non perire nell'intento“. Il giovane Don Siegel, la cui predilezione per plot polizieschi diventerà chiarissima nel corso dei decenni successivi, porta in scena un copione scritto a sei mani da Gerald Drayson Addams, Daniel Mainwaring e Geoffrey Homes il cui plot ruota attorno a 300.000 dollari sottratti all'esercito di Zio Sam e al conseguente gioco al gatto e al topo tra i vari personaggi in quel di Veracruz (e dintorni). La frase con cui aprivo la recensione non voleva certamente essere uno sberleffo né a un autore che adoro né tanto meno a un genere, il noir, che non può non essere amato da chiunque professi anche solo mezza tacca d'interesse per il cinematografo. Quello che volevo invece dare a intendere è che qui non vi sono né ombre né fumi né oscurità. E manca pure la femme fatale. Al contrario, l'azione si svolge prevalentetemente di giorno ed è volutamente soleggiata e ricca di colore. Quello che sì offre questo “Il tesoro di Vera Cruz” è un plot poliziesco piuttosto classico, tanta azione di buonissima fattura, ritmo e una massiccia dose di ironia. E se il film viene generalmente catalogato come noir (anche da FilmTV) è solo e soltanto a causa dei nomi della coppia protagonista, Robert Mitchum e Jane Greer, legati a doppio filo al celeberrimo noir (questo sì) “Le catene della colpa”, uscito un paio d'anni prima.
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