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Buoni a nulla

Regia di Gianni Di Gregorio vedi scheda film

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La recensione su Buoni a nulla

di LorCio
6 stelle

«Giaaaanni! L’ottimismo è il profumo della vita!» esclamava, una decina d’anni orsono, il vegliardo Tonino Guerra nello spot dell’Unieuro (a ripensarci un accostamento quasi trash, ma a suo modo funzionava) e pare rivolgersi proprio all’autore/attore di Buoni a nulla, tale è la corrispondenza tra le due visioni. Se per il poeta (e per Farinetti – vabbé) il messaggio era anzitutto di speranza, per Gianni Di Gregorio il concetto è più terreno ma nondimeno interessante.

 

Personaggio interessante questo Di Gregorio, giunto ad un discreto successo in tarda età e perciò inevitabilmente simpatico. Autore di film naturalmente garbati, ha scelto la personale ed assai rischiosa via di un cinema di finta autobiografia, creandosi il personaggio di Gianni che è lui ma anche no (è un po’ la sua impigrita generazione ma anche una stralunata maschera fuori dal tempo e dallo spazio), alle prese con la piccola epica della quotidianità.

 

E così dopo aver raccontato, più o meno, la famiglia nei primi due film (il low budget Pranzo di ferragosto era soprattutto sulla figura della madre nonché un’incantevole parabola sull’anzianità; Gianni e le donne, più istituzionale e costoso, ragionava sulle figure femminili e sulle sorprese dell’amore a sessant’anni), ecco un altro capitolo della sua piccola commedia umana (all’italiana) focalizzato sul mondo del lavoro (ma è un pretesto).

 

Di Gregorio torna sì a parlare di famiglia, allargata in questo caso (è grande amico del nuovo marito dell’ex moglie - «ma io ti ringrazio ancora che te la sei presa!»), punto fermo in un’esistenza senza particolari guizzi né tormenti, ma il vero fulcro narrativo sta nella notizia che l’imminente pensione è posticipata di tre anni e che dovrà espletare il servizio non più nell’idilliaco centro capitolino ma in una moderna e fredda sede staccata addirittura fuori dal raccordo

 

Ad un iniziale sbigottimento che ben s’addice all’espressione costantemente calma e smarrita del protagonista, grazie all’aiuto del nuovo marito dell’ex moglie (Marco Messeri), dentista e un po’ guru, il nostro eroe prende in mano la sua vita e comincia a farsi rispettare dal mondo che l’ha sempre trattato da accomodante strapuntino. Un film sulla costruzione di una possibile serenità, diciamo, un’apologia della joie de vivre, abbastanza in linea con il sentire del pubblico che maggiormente popola le sale cinematografiche.

 

Fin qui d’accordo, il film può piacere o non piacere ma è coerente con il percorso del suo autore e col suo stile un po’ naif ma progressivamente istituzionalizzatovi e caratterizzatosi negli standard di un tipo di commedia che non ha paragoni nel panorama italico attuale. Di Gregorio sceglie però di crearsi una spalla, forse per paura di un eccesso di egocentrismo che se non sei Nanni Moretti magari non è sempre digeribile (ma Nanni si ama o si odia; Di Gregorio come si fa non dico ad odiarlo, ma proprio a detestaralo?).

 

E allora dà dignità di protagonista all’eterno caratterista Marco Marzocca, qui impegnato in un ruolo fantozziano nei modi e da secchioncello nei contenuti: impiegato sfruttato da tutti i colleghi, innamorato della procace Valentina Lodovini, passa sotto l’ala protettiva del rinato Gianni, che di fatto l’aiuta a crescere. In più Gianni s’innamora della di lui sorella, la ballerina di caraibici Daniela Giordano.

 

I siparietti tra i due funzionano, il potenziale ci sarebbe pure, ma lo svolgimento di questa seconda parte, incentrata tutta sull’uscita dal guscio del goffo Marzocca, non decolla completamente per scompensi narrativi (perché alla fine Lodovini cede a Marzocca?), per sviluppo prevedibile della storia (litigio fra gli amici – presa di coscienza – sogno esaudito – ricongiungimento) e per la voglia di dare un lieto fine a tutti.

 

Direi che il film perde così di organicità e fluidità e si sfilaccia qua e là nei due cordoni narrativi (in fondo è un piccolo buddy movie, non totalmente elaborato), pur nella simpatia che comunque ispira. Garbato, squisito, semplice ma non semplicista, Buoni a nulla è una commedia serena e rasserenante che però manca di quel coraggio un po’ cattivo che lo stesso Gianni ritrova nel corso della sua parabola umana.

 

Fotografato con i colori vivaci e felici di una favola urbana, interpretato da attori in forma (su tutti Anna Bonaiuto e Gianfelice Imparato) e con qualche gustosa apparizione (Giovanna Cau, avvocato delle star, che prende idealmente il testimone della compianta Valeria de Franciscis Bendoni; il grandissimo Ugo Gregoretti che è sempre un piacere vedere), pur nella sua fragilità, è un film piacevolissimo.

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