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Golem

Regia di Louis Nero vedi scheda film

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La recensione su Golem

di OGM
5 stelle

L’ombreggiatura visionaria di un’idea. Una noncurante divagazione intorno ad un sogno. Lo sperimentalismo di Louis Nero è un collage di sensazioni estemporanee, improvvisate ma indolenti, colte nel lungo imbarazzato indugio che prelude alla formazione di un nuovo pensiero. I concetti esitano, si guardano timidamente alle spalle, girano in tondo prima di accettare di restare incompiuti e lasciare il posto ad un nuovo sprazzo di approssimativa intuizione. Si trascinano così, con una poesia tanto indecifrabile quando stanca, le quasi due ore di questo film: un racconto privo di trama ambientato nella penombra di una mente il cui ingegno irrequieto continua a partorire suggestioni, senza riuscire a fendere il  buio di quello che sembra un infernale mistero. Il golem, il leggendario uomo di pietra della tradizione ebraica, diventa un essere immateriale - si direbbe plasmato da un turbine d’aria rovente – che, per effetto dell’ipnosi, scende nel mondo reale. Prende così ad aggirarsi per le strade delle città europee, ripercorrendone la storia, visitandone i monumenti, sondandone gli angoli più segreti, popolati da fantasmi, mostri, maschere e marionette. Un circo meccanico e senza gioia intreccia le sue danze stentate sullo sfondo di un simbolismo ripetitivo ed ermetico che sa di antiche alchimie, di esoterismi proibiti, di culti pagani, ma anche di maledizioni moderne e follie del recente passato. Il protagonista, che avanza con passo pesante e prudente - come trattenuto dalla paura e dallo spaesamento - è solo di fronte ad una missione che è perennemente avvolta in una nebbia affollata di spettri, dall’icona bergmaniana della Morte alla caricatura parlante di Adolf Hitler. L’incomprensibilità del Male è un turbine di immagini in sovraimpressione, di segni arcani e trasparenti, di sagome di carta che invadono la scena (tarocchi, pagine di libri, facce di pupazzi) e costituiscono una giungla impenetrabile di allusioni mai spiegate, ma sempre inquietanti.  La soluzione ci aspetta forse dietro l’angolo, ma invece poi il nastro si riavvolge e si ricomincia daccapo, con il solito, flemmatico caos che inghiotte ogni barlume di lucidità, ogni tentativo di riflessione. Restiamo letteralmente tagliati fuori dal senso, al pari del golem autentico, a cui si attribuiscono esigue capacità intellettive e una grande disponibilità all’obbedienza ed alla sottomissione. Può darsi che questo sia il messaggio inviatoci: siamo, probabilmente, noi stessi a vagare attraverso il continente della nostra vita nel ruolo degli alieni, di coloro che vorrebbero esplorare una terra sconosciuta, ma poi si ritrovano impigliati nella trappola onirica dell’illusione. Così continuiamo a vederci sfilare davanti gli eventi, fatichiamo ad attraversarli, li subiamo e non li capiamo, eppure non ci arrendiamo, e perseveriamo nel nostro intento senza costrutto. Intanto uno specchio, una porta, un coltello, una chiave ed una candela insistono nel volerci dire qualcosa. Ritorneranno, tutti insieme, in una delle sequenze finali. Ancora una volta, fermi e muti. Mentre il golem si ridurrà a carta che si strappa e si brucia. E dopo l’atroce sacrificio, sarà un libro che risorge dalle ceneri come une letteraria fenice. O forse come altro. Chi può dirlo. Chissà. 

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