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Inside Out

Regia di Pete Docter vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Inside Out

di giansnow89
9 stelle

Già con la saga di Toy Story la Pixar si era introdotta nel recinto dell'intimità di un ragazzino. Rispetto ad allora, l'operazione è però più sottile e più ambiziosa. Non c'è più un filtro esterno - il giocattolo - ma ci inoltriamo direttamente nella psiche di una ragazzina. Con risultati stupefacenti. La teoria psicologica cui il film si ispira mette al centro le emozioni: la gioia, la tristezza, il disgusto, la rabbia e la paura. Le emozioni sono la nostra interfaccia col mondo, il modo attraverso cui l'altro ci percepisce e attraverso cui noi stessi percepiamo l'altro. Sono un po' il centro di comando cui fa riferimento tutta la struttura della mente. La rappresentazione visiva delle emozioni realizzata nel film è ormai diventata iconica nell'immaginario collettivo, almeno del web: dalla paffuta e occhialuta Tristezza al tarchiato e incazzoso Rabbia che sembra fare il verso all'impiegato medio, tutte le emozioni hanno un loro indovinatissimo alter ego fisicamente determinato. Fin dall'inizio si stabiliscono i rapporti di forza caratterizzanti. La gioia è l'emozione preponderante, che prova a soverchiare le sue compagne in quasi tutte le circostanze. Quando le cose per la piccola Riley volgono al peggio, Gioia interviene di forza, come una droga - mi si passi il paragone forte - per inibire il suo malessere e indurle una falsa felicità. Al contrario, la Tristezza appare come un morbo che infetta e corrompe ciò che tocca: un'emozione non positiva, che non protegge Riley ma la fa stare male. In una riproposizione persino più allucinogena ed immaginifica di Viaggio allucinante si ribalteranno i rapporti di forza. La Tristezza acquisirà un suo senso e una sua importanza. Non si può vivere di sola gioia, ma sono proprio le asperità della vita che ci plasmano e ci fanno forti, ci rendono ciò che siamo. L'invito profondo che ci suggerisce il film è: ascoltate le vostre emozioni e non reprimetele, non fingete, non ingannate gli altri ma prima di tutto voi stessi. Siate voi stessi. 

 

Con un'architettura scenica sconvolgente e una storia semplice ma toccante fino a far stare male, Inside Out è senza ombra di dubbio il miglior film d'animazione degli ultimi 20 anni. Una rivelazione inaspettata. Un film sulle emozioni che parla alle nostre emozioni, una lingua universale e comprensibile a tutti. Tanti i momenti memorabili, ma ce n'è uno che mi ha fatto venire le lacrime, e non è cosa che succede spesso: il dissolvimento dell'amico immaginario Bing Bong. Che richiama alla mente dello spettatore tante cose in un infinitesimo attimo, un po' come la Ratatouille allo spietato critico Ego. C'è la fine dell'infanzia, c'è quella fatale soglia che prima o poi tutti dobbiamo varcare e c'è il vago ed indistinto ricordo di quando tutto appariva più semplice, scontato e naturale. C'è il dramma che tutta quella felicità vera e genuina, l'unica che forse ci è concessa, finisce invariabilmente per essere dimenticata e lasciare solo un lievissimo retrogusto dolceamaro. 

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