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Suzanne Simonin, la religiosa

Regia di Jacques Rivette vedi scheda film

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La recensione su Suzanne Simonin, la religiosa

di mm40
6 stelle

Dedicare la propria vita al Signore senza avere una reale vocazione è la stessa cosa che intraprendere una navigazione senza pilota. Più o meno suona così la chiosa finale di Jacques-Benigne Bossuet (XVII sec.), vescovo e predicatore 'scomodo' per la chiesa cattolica; il testo da cui Rivette trae - scrivendo da solo la sceneggiatura - questo film è invece il parzialmente omonimo La religieuse di Diderot, romanzo uscito postumo a fine '700. Si capisce già da questo (e dalla citazione iniziale di Bourdaloue, altro predicatore del Seicento francese) che le intenzioni dell'autore della Nouvelle vague per il suo secondo lungometraggio sono forti e ben argomentate, con uno sguardo rivolto al passato per poter meglio raccontare il presente. Perchè Suzanne Simonin è una storia assolutamente moderna: è una storia di schiavitù morale, prima ancora che fisica, di castrazione sociale e negazione intellettuale, in cui le istituzioni ecclesiastiche non escono elogiate (il convento è un luogo di perdizione e violenza, il frate è uno sporcaccione opportunista), ma neppure viene ad essere messo in discussione alcun argomento riguardante la fede. Ciò fu invece, incomprensibilmente, uno dei principali motivi per cui la pellicola venne osteggiata in patria (non che all'estero le cose siano andate meglio, anzi) fin dalla sua realizzazione, nel 1966; solamente due anni dopo - ed una buona accoglienza a Cannes nello stesso '66 - la censura concesse la diffusione pubblica del film. Che confermò, se ce ne fosse stato bisogno, la statura di autore di Rivette, piccolo perfezionista e personalità di profonda cultura proveniente dalla critica cinematografica (fra gli altri, scrisse sui mitologici Cahiers). La prevaricazione, la legge del più forte (e potente), lo sguardo del debole di fronte alle avversità insormontabili della vita: la messa in scena elegante e formale di Rivette suggerisce tutto questo e molto altro, dilungandosi però oltre misura, fino a raggiungere la sconfinata durata di due ore e un quarto; considerando che il ritmo rimane blando nella prima ora e mezza e negli ultimi dieci minuti succedono più cose che in tutto il resto della pellicola, forse qualcosa poteva anche essere aggiustato. Rimane comunque chiaro ed efficace il messaggio di fondo, una denuncia contro la diffusa cecità umana nei confronti delle questioni spirituali. 6,5/10.

Sulla trama

La giovane Suzanne viene sbattuta in convento dalla famiglia; lotta in ogni modo prima per non entrare e poi per poterne uscire. Lo fa solo dopo maltrattamenti, ripicche, privazioni, per finire in un altro convento ove la madre superiora si invaghisce di lei e tenta ripetutamente di farla sua. Riesce quindi a fuggire con un frate confessore, ma anche questi la desidera fisicamente.

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