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Black Mass - L'ultimo gangster

Regia di Scott Cooper vedi scheda film

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Fanny Sally

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La recensione su Black Mass - L'ultimo gangster

di Fanny Sally
4 stelle

Esile dramma a tinte fosche ambientato nella torbida Boston degli anni ’70 e ’80.

«Se nessuno ti vede, non è successo».

 

È con questo traviante ammonimento che il cinico criminale James Bulger educa il colpevole figlioletto, accusato di aver picchiato un compagno di scuola e punito di conseguenza, a farsi strada nella vita. Ed è in scene familiari come questa che emerge la dualità di un uomo spregiudicato e violento che non si fa alcuno scrupolo ad uccidere a sangue freddo i suoi nemici, ma anche capace di impensabili manifestazioni di tenerezza e generosità con le persone a lui più care, la madre, il fratello, la moglie e il figlio.

 

Il gangster movie di Scott Cooper sembra volerci ripetere questo concetto di continuo nei suoi dilatati 120 minuti di efferrati delitti e dialoghi crudi, presentando una trama piuttosto esile e anonima che cattura solo a momenti. In questo dramma a tinte fosche ambientato nella torbida Boston degli anni ’70 e ’80, non ci sono veri eroi che combattono contro i cattivi, poiché anche l’FBI è un covo di doppiogiochisti corruttibili e corrotti - il che non è una sorpesa - , mentre i malviventi hanno un loro discutibile codice d’onore che assicura una certa stabilità e giustizia, anche se messo in pratica nella maniera più sanguinaria e immorale.

 

La storia in breve è quella di tale James Whitey Bulger, fuorilegge il cui nome divenne noto alle cronache in quanto fu uno dei più longevi latitanti americani, riuscendo a sfuggire alla cattura degli agenti federali per ben 17 anni. Ma la pellicola si concentra a narrare il periodo precedente l’inizio della sua fuga, ovvero la sua ribalta in quel di Boston come capo della Winter Hill Gang, una banda di criminali irlandesi e statunitensi, che ingaggiarono una violenta lotta di potere con la mafia italoamericana, capeggiata dagli Angiulo. Bulger e la sua band sostanzialmente facevano il caldo e il freddo, avendo dalla loro la non troppo velata protezione dell’FBI nella persona di John Connolly, amico d’infanzia del malvivente, convinto di poter trarre dalla sua collaborazione le informazioni necessarie e debellare il crimine che imperversava nella città, seminando sangue e terrore. Altra copertura gli veniva fornita dal fratello William, politico in ascesa.

 

Se la sceneggiatura, scialba e noiosa, manca di azione, colpi di scena o dialoghi memorabili, altrettanto sprecati appaiono i validi attori prescelti per interpretare i protagonisti delle vicende. Johnny Depp, nella sua ennesima trasformazione fisica corroborata oltre che dal trucco anche da un consistente ingrassamento, incarna con sufficiente credibilità il malavitoso Bulger, un personaggio viscido e sgradevole, pericoloso e imprevedibile, circondato da un alone di malvagità e capace di suscitare una tensione sottile ogni volta che è in scena, sebbene le lenti a contatto chiare tendono ad occultare la sua espressività, risultando a tratti sin troppo evidenti. Gli fa da contraltare l’australiano Joel Edgerton negli scomodi panni dell’ambiguo agente John Connolly, trascinato progressivamente in un vortice di corruzione e violenza, mentre Benedict Cumberbatch dona il suo elegante e impeccabile portamento inglese a Bill Bulger, fratello “onesto” del protagonista, in realtà invischiato anche lui in affare poco puliti. A loro si aggiungono Kevin Bacon, nel ruolo minore del capo del Dipartimento che stringe un complicato accordo con Bulger, e Dakota Johnson, la remissiva e dolce moglie del boss, quasi totalmente marginale.

 

Caratterizzazioni più profonde e sfaccettate, un intreccio meno lineare e dotato di maggiore suspense, una regia più incisiva avrebbero sicuramente fatto guadagnare punti a quello che invece si classifica come un film forzato e dimenticabile.

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