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It Follows

Regia di David Robert Mitchell vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su It Follows

di darkglobe
7 stelle

Quando l'ansia si trasforma in forma

Film scritto e diretto dal giovane regista statunitense David Robert Mitchell, coadiuvato dalla scenografia di Michael Perry che qui assume un ruolo determinante.
Il film inizia con la scena di una ragazza, Annie (Bailey Spry) - forse una citazione della prima vittima di Halloween - che fugge da qualcosa di invisibile e di cui si avverte la presenza solo per un fastidioso frinire, nella semi-indifferenza dei vicini, che si limitano a chiedere se vada tutto bene. Annie scappa in auto verso una spiaggia chiamando i genitori per dir loro che gli vuol bene, scena di preludio alla mattina seguente, in cui compare morta sulla riva, con una gamba spezzata all’incontrario e relativo piede con tanto di scarpa a tacco alto che pare suscitare più ilarità che raccapriccio.


La scena si sposta su un’altra adolescente, la disinibita Jaime "Jay" Height (Maika Monroe), che frequenta da poco il giovane Hugh (Jake Weary). I due vanno al cinema e là si capisce che qualcosa non torna quando, giocando a scegliere chi voler essere tra le persone presenti, Hugh indica in sala una ragazza che Jay non riesce a vedere, aspetto che terrorizza lo stesso Hugh. La volta successiva i due ragazzi fanno l’amore in macchina, ma Hugh addormenta a sorpresa Jay con del cloroformio, quasi scusandosi dell’atto, e la porta in un garage isolato e cadente, legandola ad una sedia a rotelle; è là che, al risveglio, Hugh le confessa di essere perseguitato da un'entità misteriosa che si presenta sotto forma di normali esseri umani, sempre diversi, e che l'unico modo per potersene liberare era fare l'amore con qualcuno, così come qualcuno aveva fatto in precedenza con lui. Si tratta di un’entità che tende a seguire lentamente ma instancabilmente le vittime e che può anche assumere le sembianze di un caro, al punto che Hugh suggerisce alla ragazza di non rimanere mai in luoghi privi di una via d’uscita secondaria: se lei morisse l’entità tornerebbe a perseguitarlo. È in quel momento che il terrore si svela sotto le apparenze di una donna, i due scappano in auto e Jay viene scaricata sotto casa ormai seminuda ed in stato confusionale, mentre Hugh fa perdere le sue tracce.
Jay inizia ad avere in breve tempo visioni di persone che la seguono: tutto inizia con una palla rossa che sbatte sul vetro del bagno costringendola ad affacciarsi.


Fortunatamente chi le è vicino, la sorella Kelly (Jake Weary), un vecchio amico nonché segreto spasimante Paul (Keir Gilchrist), l’amica Yara (Olivia Luccardi) ed il vicino di casa Greg Hannigan (Daniel Zovatto), la confortano, finendo anche col rintracciare Hugh che conferma l’intera storia, rivelando oltretutto che Jeff Redmond è il suo vero nome.


Gli amici di Jay comprendono che effettivamente qualcosa di strano stia accadendo quando la ragazza viene tirata violentemente per i capelli sulla spiaggia della casa di mare di Greg, dove i ragazzi si sono rifugiati per riflettere sul da farsi. La aiutano a liberarsi, pur non essendo in grado di vedere chi sia a farle del male, e fuggono all’interno di una abitazione in cui Jay, dall’uscio, colpisce a pistolettate la misteriosa donna che la segue, riuscendo solo a scaraventarla per terra ed a chiudere la porta per poi fuggire in auto e fratturarsi un braccio. Solo l’incredulo Greg, in quel momento distante, non ha avvertito l'entità del pericolo e finisce nel seguito per avere un rapporto sessuale con la sempre più stordita ed assente Jay; all’apparenza per alcuni giorni tutto procede tranquillamente, finché una creatura, questa volta con sembianze materne, uccide lo stesso Greg.


Paul a quel punto suggerisce a Jay di dirigersi in una grande piscina pubblica per tentare di attirare là l’entità e cercare di eliminarla. L’idea è di circondare il bordo della piscina di apparecchi elettronici, collegati alle prese di corrente, da buttare in acqua quando Jay, tuffatasi, attirerà dentro la misteriosa entità... che si presenta dopo qualche ora come figura maschile che inizia a scaraventare violentemente in piscina gli apparecchi a lui inizalmente destinati, che fortunatamente sembrano disinnescati - Jay si rifiuta protettivamente di confessare alla sorella che l'uomo ha le sembianze del padre (che sia lui lo si intuisce dalle foto familiari apparse in precedenza) -. Si tratta senza alcun dubbio di una tra la scene più suggestive dell’intero film. Con un telo Paul, su indicazione di Jay, copre l’entità, riuscendo finalmente a percepirne i contorni, e fa fuoco con una pistola, facendola all’apparenza dissolvere in acqua. Paul ed una più serena Jay dopo questo evento fanno l’amore e si ritrovano dopo un po' mano nella mano a camminare per strada, ma forse qualcuno potrebbe ancora seguirli.


Non si tratta certo di un horror psicopatico quanto di un lavoro in cui il misterioso e l’angosciante prevalgono sul truculento (alla fine di morti se ne vedono solo due), secondo stilemi di matrice nipponica. Le atmosfere sono rarefatte, la densità abitativa e genitoriale ricondotte allo zero, i paesaggi dei sobborghi statunitensi sembrano quasi spettrali (i campi lunghi ne esaltano la sensazione), soprattutto quando ci si conduce verso le periferie abbandonate o popolate eventualmente da prostitute.
Difficile una collocazione temporale dell’ambientazione, visto che i cellulari ci sono ma risultano ridotti all’osso, le auto sembrano un misto d’epoca (tirate a lucido) e di modelli nuovi, i televisori sono catodici e trasmettono classici come Guerra tra i pianeti e Voyage to the Planet of Prehistoric Women o ancora Yara utilizza uno stranissimo eReader a forma di portacipria.


La mutevolezza fisica dell’elemento di minaccia, così come la sua lentezza motoria associata all’inesorabile incedere, sono tutti elementi ansiogeni, forse perché essi stessi espressione di un’ansia correlata a possibili sensi di colpa. Ma non è chiaro con esattezza quali siano le origini del male: la figura paterna in piscina potrebbe essere la simulazione di un incesto che si trasforma per la vittima in senso di colpa o, volendo ragionare sul macrocosmo, gli scenari decadenti e la scarsa densità abitativa sono l’emblema di una situazione di crisi o post-crisi di un paese con le spalle al muro, anch’essa foriera di ulteriori disagi.
Di certo emerge una sorta di moralismo legato all’idea dell’ineluttabile, dell’espiazione, quasi una nemesi che si aggira sulla disinvoltura dei rapporti fisici dei ragazzi ed anche l’idea della contaminazione per atto sessuale ispira questa ipotesi: Jay è promiscua e va con un ragazzo di cui non conosce neppure il vero nome; Hugh si contamina con una ragazza incontrata per caso una sera (AIDS?); con Jay i due adolescenti consumano l’atto con una pulsione che, almeno in un caso, pare più fisica che sensuale, al punto da farla prevalere sul senso di angoscia e di paura dominante. La cessione del male tramite rapporto fisico assume quasi la forma dell’umiliazione dell’atto sessuale stesso, nell’ide(a)zione dei ragazzi usato come asettico mezzo di autodifesa o peggio come modo di promuovere la propria sopravvivenza a danno di altri esseri umani.


L’entità misteriosa ha sembianze parzialmente umane e parzialmente meno: la vedono solo alcuni, ma rompe vetri, spacca porte; la ricoprono con un telo e si materializza come un fantasma; se la colpiscono a bastonate o a pistolettate cade per terra o si dissolve. È forse energia che diventa materia, ricollocando atemporalmente (probabilmente al concetto vi allude la stessa criptica atemporalità del film) fatti e fobie sopiti che aleggiano nella testa dei contaminati.
L’acqua, nonostante sia uno spazio aperto e libero, un costante luogo liberatorio per la desolata Jay che ci si immerge dentro anche con il gesso, quasi fosse un abbraccio consolatorio e protettivo, costituisce purtroppo costantemente una promessa di morte, che diventa anche attiva quando la stessa ragazza immagina di scaricare la propria infezione sulle tre persone sulla barca.
Il vuoto genitoriale è infine impressionante: la signora Height (Debbie Williams), madre di Jay e Kelly, è chiaramente una alcolizzata che viene sfocata quando ripresa dalla camera e pare incapace di prendere coscienza sul vero stato stato dei figli; del padre si è già detto; i genitori di Greg, per bocca del ragazzo, lasciano fare. Nessuno sembra dunque preoccuparsi di cosa accada a propri figli e la presenza degli adulti è solo un riflesso nell’animo, nelle angosce e nei comportamenti di adolescenti che paiono rassegnati a dover vivere tutto sulle proprie spalle, al più col supporto degli amici o dei parenti di pari età.
La camera a spalla che segue i personaggi in fuga incrementa il senso di paura in un film che, come detto, lavora molto sulla tensione e sull’angoscia più che sulla spettacolarità splatter, addirittura sbeffeggiata nell’incipit. Lo stesso “rosso sangue” qui si presenta sempre come indizio scenico (il colore della palla, lo smalto, l'auto) ma mai come elemento dominante delle scene orrorifiche.


Buona risulta la credibilità dei personaggi, pur se tutti leggermente anestetizzati, pare quasi si lascino vivere e che il loro moto interiore sia basato sulla pura reazione agli accadimenti. Migliore sicuramente la parte finale del film, che riesce in qualche modo a sbloccare la ciclicità ossessiva della persecuzione e dei mutismi eccessivamente lamentosi della protagonista.
La colonna sonora di Disasterpeace, fatta di glitch e noise elettronico, gioca un ruolo fondamentale nel supporto alla ricostruzione del clima di tensione, nel quale quello che sembra prevalere è una regia che nelle soluzioni stilistiche appare scarna ed assai rigorosa.
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