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Carol

Regia di Todd Haynes vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Carol

di Theophilus
6 stelle

CAROL

 

Giudichiamo Carol, senza esitare, un bel film. Ma, allo stesso tempo, l’impressione che non ci ha mai abbandonato è stata quella di assistere ad un racconto freddo, sofisticato ma un po’ manierato. Una storia “ricercata”, in cui l’effetto estetico appare non tanto il risultato di una riuscita fusione di regia, sceneggiatura, recitazione e trama, quanto, invece, l’esito di forzature, di qualcosa  di studiato a tavolino, un po’ artificiosa e manierata. In sostanza, un bel film che fa di tutto per apparire tale.

Tratto dal romanzo The Price of Salt, scritto sotto pseudonimo nel 1952 da Patricia Highsmith, il film è stato girato nel 2015, probabilmente sfruttando l’onda delle ovvie, ma giuste ed inevitabili rivendicazioni civili avanzate in questi anni da parte della comunità omosessuale.

Ed è da qui che riteniamo nascano quelle stiracchiature, quelle problematicità che determinano le nostre riserve critico/estetiche sulla qualità del film.

Certi preziosismi, di cui il film è pieno, appaiono artificiosi, quasi una passata di vernice data con mano studiatamente leggera. È tutto molto levigato, quasi “leccato”. Sembra quasi che si sia voluto appositamente agghindare la storia lesbica al fine di fornirle un alibi estetico, per giustificare moralisticamente un dato che esiste da quando esiste l’uomo.

In Carol – donna dell’alta borghesia americana sul punto di divorziare dal marito - l’omosessualità è, com’è ovvio che sia, una “realtà” di natura che lei non ha motivo di contrastare e disconoscere se non per superare gli ostacoli che le vengono frapposti per impedirle di vedere la figlia. Meno credibile, invece, appare il fatto che Therese – giovane commessa in un grande magazzino incontrata da Carol sotto le feste di Natale - “scelga”, quasi che si voglia giustificare il suo comportamento nobilitandolo col farle rifiutare la banale controparte sessuale maschile. In bilico, Therese alla fine “sceglie” di stare con Carol, ma, a quel punto e a dispetto di quanto è accaduto nell’arco del film, sarà proprio quest’ultima a dover temere di essere abbandonata.

Quello di Therese, pare a chi scrive solo un “mascheramento”, un “atteggiarsi a”, un barricarsi dietro l’alibi di poter sempre ritornare sui propri passi: in definitiva, un personaggio ambiguo che la scrittrice ed il regista ci forzano a credere in grado di poter contrastare, liberamente, la propria natura, che, comunque, non si manifesta univocamente.

Concediamo che Carol sia un film di ottima fattura, ma, alla fine, ci sembra che tutto si riduca ad una storia sui buoni sentimenti, amplificati, se non proprio determinati, dall’esclusione sociale. Una storia, alle cui principali protagoniste, tutti, o quasi, si sentiranno liberi di dare la propria solidarietà col cuore in mano.

Nulla a che vedere con l’estrema cruda poesia di La vie d’Adèle, il film di Abdellatif Kechiche vincitore della Palma d’Oro a Cannes 2013. Quella è una storia senza compromessi, in cui il regista tratta dal di dentro le dinamiche di una relazione amorosa che non ha speranze, non in quanto omosessuale, ma piuttosto perché l’amore tout court si scontra inevitabilmente con la realtà esterna che lo fagocita.

A questo punto, appare quasi impossibile dare una conclusione a questo film. Quella prescelta, il lieto fine, suona un po’ fessa e accomodante. Se, invece, non ci fosse stato il ricongiungimento di Therese con Carol, ciò sarebbe sembrato un macchinoso e falso pretesto moralistico che avrebbe ottenuto solo l’ovvio risentimento del mondo lgbt.

Un’algida Cate Blanchett si cala perfettamente nel personaggio sofisticato, ma vero, di Carol. Molto meno credibile e a proprio agio, invece, Rooney Mara in quello di Therese. La regia è del cineasta britannicoTodd Haynes.

 

Enzo Vignoli,

29 giugno 2016

 

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