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Lo spaccone

Regia di Robert Rossen vedi scheda film

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La recensione su Lo spaccone

di maso
10 stelle

La mia definizione per questo classico firmato Robert Rossen è di neorealismo americano, gli ambienti raccontati in “The Hustler” hanno una umanità di vita trascorsa che lo fanno assomigliare ai nostri “Ladri di biciclette” e “Il Bidone”, i protagonisti di questi film sono dei vagabondi che vivono alla giornata esercitando le loro traballanti professioni lecite o meno lecite proprio come un imperdibile Paul Newman nei panni di Eddie Felson, il ragazzotto di Oakland che gira l'America con la stecca nell’astuccio di cuoio campando di biliardo, la sua specialità è il pool 125 ma non disdegna la carambola, il suo stile è aggressivo e fantasioso, ovviamente il talento non gli manca anche nel farsi scambiare per un novellino quando ha in mente di sovraccaricare le scommesse, il suo punto debole è il carattere sbruffone e la tenuta sulla lunga distanza visto che le sue sfide all'ultima buca carburano con massicce dosi di alcool distillato tanto che la gara da tempo attesa con il mostro sacro Minnesota Fats, splendidamente plasmato sulla massiccia stazza di Jackie Gleason, viene decisa dall'esperienza e non dal polso, dopo quasi una giornata di gioco continuato Fats è fresco lucido ed elegante come se avesse messo piede nella sala biliardi in quell’istante mentre Eddie è un cencio spettinato ed ubriaco che non si regge più in piedi, anche la parte descrittiva delle fumose sale da biliardo dell’America dei primi anni sessanta è l’occasione per Rossen di mettere in mostra un campionario di caratteri urbani più veri di un semaforo acceso in centro nell’ora di punta: gente di tutti i colori, a volte giovane, più spesso in su con l’età, a volte con le tasche vuote ma anche con parecchi soldi da spendere come Bert Gordon, un investigrana per professione che intravede in Eddie un cavallo su cui puntare ma che bisogna tenere con le briglie ben tirate altrimenti romperà l’andatura prima del traguardo.

La stazione è un altro luogo così realistico e stracolmo di anime perse in cui due sbandati come Eddie e Sara non possono che incontrarsi e infarcirsi di frottole reciproche sufficienti però a farli innamorare, qui il film scolorisce sempre più amaramente verso il melodrammatico mantenendo fissa l’attenzione su Eddie e la sua maturazione verso un atteggiamento meno avventato sul panno verde, le direttive di Gordon e il suo bieco cinismo sono però un manuale spinoso da tenere in mano, Sara cerca di diradare la nebbia che offusca l’ottica di Eddie sacrificando se stessa forse perché consapevole di non avere altre chance di rifarsi una vita lineare che ha ormai affogato in fondo alla bottiglia.    

Eddie si ritroverà solo più che mai a giocare rabbioso l’agognata rivincita con Fats intenzionato ad alzare il gomito solo per imbucare bilie e senza il bisogno di versare alcool ma consapevole di aver ormai perso una partita per la quale non gli sarà concessa una rivincita, al contrario gli è stata concessa una rivincita dove non sembra esserci partita se non con Gordon ed il suo entourage.

“The Hustler” viene ancora oggi apprezzato e ricordato per la grande prova di Newman, la regia asciutta di Rossen e la fotografia da Oscar di Eugen Schüfftan ma non bisogna assolutamente trascurare il fondamentale contributo di una schiera di attori perfettamente calati nei loro ruoli a cominciare da Piper Laurie, la disperata Sara piegata dai demoni dell’alcool, passando per un come sempre impeccabile George C. Scott nella parte di Bert Gordon, fino ai ruoli di contorno di Michael Constantine, il simpatico padre di "Il mio grosso grasso matrimonio greco" qui braccio destro di Gordon e Murray Hamilton nella parte della vittima predestinata Findley, per finire con la comparsata come barista del toro del Bronx Jack La Motta.

 

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